giovedì 23 dicembre 2010

Xmass 2010

...è Natale, o quasi...poche ora ancora e saremo tutti più buoni...come ci auguriamo ogni anno e come non sarà ( se anche ci dovesimo riuscire) per non più di un paio di giorni...comunque è Natale e a natale si fanno gli augui...e quindi Liber-Auguri a tutti, Punk-Auguri, CRASS-auguri, Leary-Auguri, Psycadelic-auguri, Civil rights-auguri, American-auguri, Lenny Bruce-Auguri, anticensura (quella vera)-auguri, individualist-auguri, FreeJazz-auguri, Pasolini-auguri, Rollins&Biafra-Auguri...keep on, kkepin'on my friends!!

...so, Happy xmass to everyone!

martedì 21 dicembre 2010

American Folk for five european bucks!


Ambizione. È la prima parola che viene in mente ascoltando quest'ultima fatica di Anaïs Mitchell, folk singer americana da qualche tempo accasata alla Righteous Babe di Ani Difranco. Si tratta della trasposizione in chiave folk del mito classico di Orfeo che, impazzito per la morte della sua amata sposa Euridice, decide di andare a riprendersela nel regno dei morti. La Mitchell, però, non si accontenta di mettere in musica questa storia, ma la ambienta – in modo vago come può esserlo un sogno – nell'America degli anni Trenta: l'America di Little Orphan Annie e della Grande Depressione; l'America del New Deal e di Franklin Delano Roosvelt.
Ne esce una folk opera resa efficace, oltre che dalle canzoni e le musiche composte tutte dalla stessa Mitchell, dalle orchestrazioni di Michael Chorney e la produzione di Todd Sickafoose (già con Ani Difranco e Andrew Bird). Oltre alla fragile e toccante voce dell'autrice, a dare valore alle composizione è la pletora di ospiti più o meno noti al grande pubblico che ha chiamato a raccolta. Ad Ani Difranco si sono aggiunti Justin Vernon/Bon Iver (nei panni di Orfeo), Greg Brown (la cui voce cavernosa dà vita in modo straordinario al personaggio di Ade, basti ascoltare Hey, Little Songbird e His Kiss, The Riot) e Ben Knox Miller (Ermes).
La sforzo compositivo è elevato e la stessa Mitchell racconta che questo progetto ha cominciato a prendere forma nella sua testa già nel 2006, ma si è portato a compimento solo recentemente, quanto è riuscita a far uscire di bocca le proprie canzoni a molti dei suoi miti del mondo indie-folk di oggi. Emerge ovunque l'amore per il folk e per questi interpreti, con una cura non così comune per ogni sfumatura della composizione (basti ascoltare l'intricata struttura in rima dei brani).
...e tutto questo per cinquei euri in un mercatino di Roma. Mentre Antonello Venditi era venduto a ventidue! Great deal Andrea!
informazioni disponibili in rete]

sabato 18 dicembre 2010

Hello Captain! Back in town#2


Back in town, once again! Il blog ha avuto una breve pausa, ma tra uno sciopero a Madrid e un servizio di sicurezza quasi "nazista" a Tel Aviv non ho avuto modo di seguire molto questo seminale [ ma sempre più visitato!] mio diarioelettronico.
Della vita degli e negli aeroporti magari parlerò un pò più avanti e delle italoite situazioni, così come appaiono nel resto del mondo...beh anche. Vi accenno solo a come i network televisivi globali hanno illustrato la manifestazione degli studenti contro la riforma Gelmini ( o contro la non caduta di Berlusconi?): Blast the shame!
Invece le poche righe le voglie spendere per un mio "amico", anche se mai conosciuto e mai frequentato, che in queste ultime ora ci ha lasciato. Mi riferisco a Don Van Vliet, ovvero Captain Beefheart. Il "capitano" fa parte di quelle persone che hanno, in qualche modo, indirizzato la mia curiosità e fatto crescere un costante senso di disagio dinnanzi all'ordinario, alle cose "ovvie", alla normalità dell'esageratezza...insomma al quotidiano reso banalmente "straordinario". Con Sun Ra, John Coltrane, i CRASS, Albert Ayler, Kevin Ayer, Henry Rollins e tanti altri Freak il "Capitano" è entrato a pieno titolo tra coloro che sull'ipoteica astronave diretta verso ipotetici e fantomati pianeti-solitari, porterei volentieri con me.
So long Captain, have a nice trip!
PS. sulla pagina on-line di Mojo magazine un bel tributo al "Capitano"

giovedì 9 dicembre 2010

Roma e Romani#2

Marcello Fraioli è un artista. di vecchio stampo, di quelli che nelle foto in bianco e nero deglia anni sessanta ha sempre i capelli spettinati. Negli anni settanta lo avreste visto vicino ai Jacobites e non certo a pogare nel mezzo di un wild bunch punk! Negli anni ottanta, mentre tutti impattivano per la New Wave, sicuramente lo troveremmo a dedicare del tempo a vecchi dischi di Gabriella Ferri. Gli anni novanta ideali per nascondersi da vecchie nostalgie. E il nuovo millennio? C'è tempo per il futuro, ora bisogna svegliarci dal passato e nel passato!

Roma paga ancora una volta il suo tributo di artisti all'indifferenza e all'anonimato commerciale. Ma chi se ne frega....semo gente de' Roma! Presto una breve intervista del Fraioli su questo blog...but have a look on cybespace for Fraioli! Enjoy!

venerdì 26 novembre 2010

Sun Ra a lula!


Interessanti novità dall spazio più profondo!
L’etichetta tedesca Kindred Spirits stà per lanciare sul (esiguo) mercato una serie di mini-disc [ format 10”-EP] di materiale inedito della Sun Ra Arkestra. Quasi tutte queste registrazione, che per il momento faranno parte di una serie di quattro EP, vengono dagli archivi segreti della Art Yard Vault.
Anche la piccola etichetta italiana Sagittarius si è dedicata alla ristampa di un vecchio album del 1986, una registrazione dal vivo dell’ Arkestra di Sun Ra [ dell’agosto del 1986 in Rochester, NYC], che – benché già edito in CD in altre forme -, arricchito da un’iniziativa veramente creativa ( quella di numerare le prime 26 copie e con una copertina sempre diversa) si presenta come un prodotto da avere. La copertina della serie non limitata è comunque molto bella!
Molto interessante anche la ri-ristampa della collaborazione tra Sun Ra e Amiri Baraka nell’album “A Balck Mass”, realizzato originalmente nell’anno caldo del ’68, la Sonboy records dovrebbe riemettere sul mercato al ristampa ( arricchita anche graficamente ) della sua precedente edizione del 2000. Ma di questa realizzazione, per la sua importanza anche storica nei processi di emancipazione del popolo nero americano attraverso [anche] il jazz, ne parlerò più a fondo quando avrò contattato la stessa Sonboy.
Personalmente sono un fan di Sun Ra e della sua Space Arkestra. Il personaggio Ra è il giusto mix tra iconografia super-eroistica americana, Free Jazz yankee e futurismo spaziale.
Insomma il suo è uno low-Fi SciFi Jazz come può non picere?

giovedì 25 novembre 2010

Lunar o Moon Kight?


Moon Knight, il cui vero nome è Marc Spector, è un personaggio dei fumetti, creato da Doug Moench (testi) e Don Perlin (disegni). pubblicato dalla Marvel Comics negli splendidi seventies. Appare per la prima infatti volta (in un racconto in due parti) sulle pagine di Werewolf by Night (prima serie) n.32 (agosto 1975).
In italiano è stato inizialmente presentato con il nome Lunar in allegato al barilotto della corno de Gli Eterni.
Il character è di perse splendido nella sua semplicità e nell'originalità di essere un super-eroe multi-identità. Marc Spector ha usato tre nomi falsi per non far conoscere la sua vera identità: Jake Lockley, Steven Grant, Yitzak Topol.
...un idea semplice, ma non ancora raggiunta!
Moon Knigt, insieme a Doc Savage, Captain 3-D e l'italianissimo Gregory Hunter fanno parte di quella serie di personaggi la cui modernizzazione o il processo di attualizzazione non solo non rende loro giustizia, ma - anzi - li banalizza!
La Marvel comics ha provveduto a ristampare l'intera opera nella serie The Essential Moon Kinght e con l'arrivo di amazon.it questi volumi sopo disponibili per poche decine di euri!
Keep comics pop!

Does Italy’s Google Conviction Portend More Censorship?


Lo so la questione è un pò vecchia ed in parte irrisolta; ma l'idea che il mio paese si batta alla-pari contro certi colossi invadenti e prepotenti mi piace. Per poche ore ho avuto la sensazione di una civiltà [ quella italiana] ancora capace di impegnari in sfide globali e no limitarsi a miseri dibattiti interni sulla libertà d'espressione [mai mancata] della RAI o sulle case di montecarlo di cognati arrampanti.
By Ryan Singel February 24, 2010 [ già pubblicato su http://www.wired.com/ ]

Online rights activists are divided Wednesday over an Italian court’s guilty verdicts against Google executives who were convicted on privacy charges for not blocking a video that made fun of a child with Down syndrome. All agree the controversial ruling runs counter to longstanding U.S. and E.U. “safe harbor” laws immunizing online service providers for what users do — but the activists are mixed over what the decision means and how much importance should be place on it.
Leslie Harris, the president of the influential Washington, D.C.-based Center for Democracy and Technology, argued the ruling would be used by authoritarian regimes to justify their own web censorship.
"Today’s stunning verdict sets an extremely dangerous precedent that threatens free expression and chills innovation on the global internet,” Harris said in an e-mail statement. “If the conviction is allowed to stand, it will chill the provision of Web 2.0 services that provide user-generated content platforms in Italy, and Italian internet users will find themselves without a powerful forum for free expression.
“Most troubling, what happened in Italy is unlikely to stay in Italy. The Italian court’s actions today will surely embolden authoritarian regimes and be used to justify their own efforts to suppress internet freedom.”
Chief among the concerns is that nations might turn to using criminal laws or threats of criminal prosecutions to force companies to bend to the their political will.
Attorney Lee Tien of the San Francisco-based Electronic Frontier Foundation shares Harris’ concern for online rights.
“The threat to internet free speech from nations around the world that don’t have the same laws and attitudes about free speech is absolutely a constant problem and is getting worse,” Tien said.
But he warned against placing too much emphasis on this case, which many see as thinly veiled machinations against Google by Italy’s Prime Minister Silvio Berlusconi, who has nearly monopoly control over Italy’s mainstream media. Italy’s parliament is currently considering a law that would put online video services under the same rules imposed on broadcast stations — legislation intended to stifle online speech.
But the Google case will drag on in appeals for years and it’s not clear it will be anything more than a legal anomaly.
Meanwhile, there are plenty of real and sticky issues around hate speech and pornography — where people have legitimate issues and real public policy has to be worked out, according to Tien.
“I’d prefer people to think about those cases and not focus on show cases,” he said.
Google, for one, called the decision “astonishing.”
“It attacks the very principles of freedom on which the internet is built,” Google lawyer Matt Sucherman wrote on Google’s blog. “If that ’safe harbor’ principle is swept aside and sites like Blogger, YouTube and indeed every social network and any community bulletin board, are held responsible for vetting every single piece of content that is uploaded to them — every piece of text, every photo, every file, every video — then the web as we know it will cease to exist, and many of the economic, social, political and technological benefits it brings could disappear.”
And while it might be tempting for some to dismiss the suit as the work of a crazy Italian justice system, the United States is no stranger to politically motivated legal attacks on free speech and internet freedom.
The U.S. attorney’s office in Los Angeles prosecuted and convicted a Missouri woman on hacking charges for helping put up a fake MySpace profile to harass a neighbor’s teenage daughter, who later committed suicide. The judge in the case overturned Lori Drew’s conviction. He found the government’s contention that violating a website’s terms of service was the same as hacking “unconstitutional.”
And in South Carolina, the Attorney General Henry McMaster threatened to criminally prosecute Craigslist management if the classified listings site didn’t remove its erotic listings category, saying the site was promoting prostitution. A federal judge had to order McMaster to stop his threats.
The Italy decision won’t be published in full for several weeks and will likely be on appeal for years. None of those convicted will likely ever serve their six months of jail time, in no small part since they all live outside of Italy. The video at issue appeared in 2006, on Google Video, a service now replaced by YouTube.
University of Virgina media studies and law professor Siva Vaidhyanathan, meanwhile, sees the Italian case as a very local issue rooted in Italian politics and a sign that Google’s culture of audacious enterprises isn’t as welcome outside the Unite States as it hoped it would be.
“The government in Italy wants to hold Google down in Italy until it says ‘uncle’ for a while,” Vaidhyanathan said. “But it does say a lot about the fact that the globalization of Google is not going well. The ruling comes as cyberliberties are in flux globally and Google is trying to maintain revenues in countries like Egypt and Russia.”
Vaidhyanathan, whose upcoming book The Googlization of Everything tackles the subject of Google as a worldwide cultural force, says that the net’s and Google’s method of doing things first and letting people opt out later is proving to be not a hit everywhere around the globe.
“Google is finding that getting beyond America is difficult,” sad Vaidhyanathan, referring to Google’s hacking showdown in China, privacy issues with its Street View mapping cameras in Germany, and the censorship demands placed on it by China, Turkey, Thailand, Argentina and India.
“I can see the general objection to Google’s way of doing things,” said Vaidhyanathan. “It’s default setting is that it can do whatever it wants and if you have a problem, just let them know, and that opt-out model is not applicable in every case.”
To others, like Tien, the ruling is simply baffling. Clearly, Italy doesn’t want its own service providers to have to meet the burden of approving every forum posting, blog comment or uploaded video — and punishing executives when their companies miss the mark — as was the case of the Google executives in Italy.
That’s akin to making automobile executives personally liable in any automobile accident related to the company’s sticky pedal woes.
Tien said that would be a “massive extension of liability.”

venerdì 19 novembre 2010

Doc is back!


Doc Savage, l'eroe pulp per antonomasia, potrebbe tornare sul grande schermo in un film scritto e diretto da Shane Black.
Black, noto per essere lo sceneggiatore dei film della serie Arma Letale, di Last Action Hero e di Kiss Kiss Bang Bang nel 2005 (di cui è stato anche il regista), ma che ha anche ricoperto piccoli ruoli come attore (è l'operatore radio e soprattutto la prima vittima in Predator), si siederebbe (secondo Variety) sulla poltrona di regia con alle spalle la produzione di Neil Moritz e Ori Mumor e soprattutto della Columbia. Il film è previsto per la fine del 2011.
Matt Tolmach, co-presidente della Columbia Pictures, ha affermato che: "Doc Savage è un'icona, un personaggio dalle infinite possibilità, che può essere scienziato, medico, avventuriero, inventore, esploratore e ricercatore" e ha ricordato che stanno già lavorando su un altro personaggio classico come Green Hornet.
Resta da vedere se l'ambientazione scelta sarà quella degli anni '30 o '40 o se invece si cercherà di modernizzare il personaggio.
Doc Savage (soprannominato l'Uomo di Bronzo) è uno dei più famosi eroi dell'epoca dei pulp magazine degli Stati Uniti ed è stato creato nel 1933 da Lester Dent, Henry Rolson e John Nanovic. Dent lo descrisse come un mix di molte qualità (tutte ai massimi livelli) tra cui quelle di Sherlock Holmes, Tarzan e Abramo Lincoln. E quando queste non bastano per sconfiggere gli avversari utilizza dei "gadget fantascientifici".
Dopo un'iniziale pubblicazione durata fino al 1949, le sue avventure sono state ristampate più volte. In tempi recenti nuove avventure sono state scritte da Philip Joseph Farmer e soprattutto da Will Murray.
Negli anni Doc Savage è stato adattato per i programmi radiofonici e per i fumetti (con serie per la Gold Key, la Marvel, la DC e la Dark Horse).
Del 1975 è invece il film Doc Savage: The Man of Bronze prodotto e diretto da George Pal e interpretato da Ron Ely. La produzione ebbe pochi fondi a disposizione e il risultato fu un insuccesso di critica e di pubblico. Un seguito venne annnunciato un nuovo progetto (in cui doveva essere coinvolto Farmer), ma non se ne fece nulla; come non giunse in produzione un progetto di remake in cui era coinvolto Arnold Schwarzenegger.
[tratto da www.fantascienza.com]

Lennon goes Punk


La vita di John Lennon è qualcosa che appartiene a tutti; con i Fab Four è entrato nell’immaginario quotidiano di ognuno di noi. Musicista completo ( ma meno pop di Paul!) e attivista dei Diritti Umani quando questo non era così trendy come in questi giorni, John Lennon ha lasciato un eredità musicale post-Beatles un po’ frammentata. Successi globali come Images vengono compensati con mezzi fiaschi del tipo di Some Time in New York City. Settimo album solista di Lennon ( sfido un po’ chiunque di voi a ricordarsi tutti gli altri!) passa nel firmamento della cultura pop come una cometa. Anonimo, incoerente, musicalmente disordinato [ per i più ] Some Time in NYC riletto ora si presenta come un Manifesto dell’attivismo musicale. Un ( suo malgrado) prototipo die quei concept-album che il movimemto punk elaborerà più di 20 anni dopo.
L’album è permeato dai profumi “acidi” del Greenwich Village dove John e Yoko si trasferirono negli anni ’70 e subito le tensioni politiche di quegli anni diventarono il ritmo quotidiano della vita del Fab-Duo! Jerry Rubin e Abbie Hoffman condivisero con Lennon la campagna anti violenza post Attica e furono sensibilizzatori per l’ingiusta detenzione di Angela Davis. L’impegno dei due non passo inosservato alle autorità americane che cercarono anche di espellere Lennon e Ono dagli USA.
In questo clima Lennon recluterà una seminale band ( Elephant’s Memory Band ) e inizierà ad incidere diverse canzoni dal piglio combat. L’idea era quella di continuare a sottolineare il disagio sociale in atto in America in quegli anni usando la sua popolarità e la sua musica. Some Time In New York City fu confezionato in modo che la copertina sembrasse la prima pagina di un giornale che riportasse come titoli delle notizie i brani sul disco, scatenando però, ancora una volta, dei problemi di censura a causa di un fotomontaggio di Richard Nixon e Mao Tse Tung che ballavano nudi insieme. (La foto venne coperta con un adesivo nelle ristampe successive).

L’album appare oggi magnifico e la sua disomogeneità attuale. Mentre non è attuale l’indifferenza e l’omogeneità – in termini di generale indifferenza appunto - della cultura attuale europea. L’attivismo anti sistema è fine a se stesso; teso più a valorizzare la visibilità dei contestatori che non le motivazione del contestare.
A buon inteditor…

martedì 16 novembre 2010

American [Still] Splendor


Harvey Pekar è stato un uomo fortunato. Da invidiare (almeno per me!). E’ riuscito nella vita a fare quello che veramente voleva e gli dava piacere, pur partendo sfavorito da una sua attitudine nerd! Lavorava in un negozio di fumetti – e gli piaceva!-, e diventò famoso scrivendo fumetti. E che fumetti! Mentre negli anni settanta la Marvel comics e la DC comics se le davano di santa ragione nel loro mondo oversizes dei super eroi, Harvey cominciò a guardare alla sua vita come un’avventura, un odissea quotidiana fatta di americanismo e illusioni yankee, di quotidianità e banale rappresentazione di ogni istante. Per uno Spiderman che ci salva da una turbina nucleare che stà per piombare su Central park in NYC, c’è un Harvey che vince un'aspra battaglia contro una scortese commessa di un super mercato, che lascia passare vanti i suoi amici alla cassa. L’ingiustizia del banale sconfitta dal più banale delle vittime; l’uomo quotidiano medio americano di una provincia media, in un anonimo e meno-che–medio piccolo paese. Quei piccoli puntini sulle mappe delle blue higway, le strade che non portano a niente e che dal niente ripartono nel cuore dell’AmeriKa.
Insomma Harvey è il nostro super eroe. Solo contro tutti e tutti ( loro malgrado) contro di lui. Anche il cancro che – prima nella lunga serie nella sua serie America Splendor, poi come graphic novels – viene affrontato e narrato nella sua manifestazione quotidiana. Non Doctor Doom, ma un linfoma. Ecco i nemici di Harvey.
La riscoperta di un vecchio volume di ristampe dell’intera opera di Harvey “American Splendor” ( acquistato via posta negli anni 90, quando non c’era ancora Amazon.com ) è l’occasione per approfondire la lirica americana un grande fumettista, circondato da amici veri – su tutti Robert Crumb –, e per scrivere queste poche righe sul mio blog.
Harvey Peker è morto questa estate e nessun giornale italiano ne ha parlato. Ma harvey non è morto di cancro perchè - almeno in questo - Harvey è stato un vincente and the rest can goes fuck!

Diritti&Piagnoni...this is Italy

Dopo una breve tournee professionale in giro per l’europa, tra una clinic Ginevra and una troubled Istambul, faccio in tempo a tornare a Roma per vivere l’effetto della liberazione di Aung Suu Kyi in Birmania nel nostro civile paese sempre così attento ai problemi dei diritti umani e dei diritti in generale. Tuttavia a leggere i giornali e guardarci la nostra televisione sembra che la cosa ci riguardi solo in parte e che la macchina della censura italiana sia invece iper attiva nel censurare (?) Saviano & Fazio nel loro ( super pagato) Show su Rai3. Almeno a sentire loro e i politicanti del piagnisteo facile…boh?
Poche ore dopo, nel rigodermi la mia città, faccio un giro per il centro e mi imbatto in una manifestazione, supportata da Nessuno tocchi Caino per la difesa dei diritti fondamentali delle comunità cinesi praticanti del Fulan Gong. Una antica pratica orientale particolarmente attenta ai valori della verità, compassione e tolleranza, molto radicata in Cina da secoli. Perseguitati sin dal 1999 i credenti di questa filosofia finiscono sempre più spesso in campi di lavoro forzato e iniziati a programmi di riabilitazione in puro Communist Style. Per saperne di più basta cercare in Internet, che – ancora una volta – si dimostra lo strumento massimo di libertà, partecipazione e conoscenza.
Ebbene, neanche a questa manifestazione si è vista una troupe televisiva di Report, di AnnoZero, di Mi manda Raitre….insomma ci risiamo; la banalizzazione dei diritti umani, del termine “Censura”, della paura del “bavaglio” lamentata dai soliti noti offende e umilia coloro che nel mondo davvero soffrono di questa forma di privazione e certo non si battono con forza per aumentare il loro share televisivo, ma semplicemente – sembrerà banale ai Fazio’s, Santori, ai guzzanti-3-guzzanti, Travagli&Saviani vari – per la loro vita e la loro libertà d’espressione.

Banale nè?

sabato 6 novembre 2010

CRASS Story...grab it!

"Non chiamateli hippie e nemmeno punk: loro sono i Crass"
Inghilterra, 1977. Mentre nelle città divampa il fuoco della ribellione, un cottage dell'Essex diventa il quartier generale dei Crass, artisti e pensatori radicali che danno vita all'anarcopunk. Non un semplice genere musicale, ma un movimento e una filosofia basati su vita in comune, veganesimo, anti-razzismo, performance, iconoclastia, femminismo, pacifismo e anarchia. Storia della band che ha attaccato l'establishment politico e musicale e definito l'etica punk del fai da te, fondando l'omonima etichetta e producendosi i dischi. E in breve tempo arrivò a vendere più degli AC/DC. La storia dei Crass racconta l'altra faccia del movimento rivoluzionario che ha ispirato un'intera generazione e centinaia di emuli soprattutto in Italia [ Franti e Wretched su tutti] e in Germania, ed è ben lontana dall'esaurire il suo potenziale sovversivo.
[dal sito di Shake Edizioni]

venerdì 5 novembre 2010

ZART ART!



L'autoproduzione è da sempre un mio "pallino". Quando nel 1977 il fenomeno punk esplose ed implose, lasciò dietro di se molte polemiche e poche convinzioni, però, una su tutte: se si vuole abbattere il sistema bisogna farlo da dentro, a cominciare dal sistema-mercato. Ed ecco che fiorirono centinaia di etichette indipendente, fenomeni cone Rough Trade e il Do It By Yourself movement. Cito spesso l'apice di questo movimento, cioè il fenomeno CRASS, ma - come detto- era solo la punta di un'enorme montagna (volutamente) sommersa che per decenni ha fatto circolare le proprie idee in modo veramente libero, evitando ogni forma di mercimonio. Era un cosa corretta? Non lo so...sarebbe esistito Pasolini senza Garzanti?...non ho le idee chiare su questo punto, però mi affascinava, e mi affascina ancora l'idea di una vera e solida libertà a nostra disposizione, se la vogliamo...e ciò alla faccia dei piagnoni dei Santori, Guzzanti-3-Guzzanti e altri soloni dal lamento (superficiale) facile, che "barattono" il valore della libertà con la loro capacità di lucrarci sopra.
Una prova provata di questa libertà espressiva sono i tipi della ZART Edizioni Liberi che si presentano sul mercato con una prerogativa unica: l'unicità delle loro opere, non i termini di proposta culturale, ma di vero e proprio prodotto. I loro fumetti sono stampati anche in copie uniche e questo gli da un valore di unicità di prodotto che li avvicina più al mondo dell'arte che non del comics, che - per sua natur -è un prodotto di commercio.
Ma questo non vuol dire che non sia "artistico"!

lunedì 1 novembre 2010

Obama's [iced] Tea


Siamo arrivati alle elezioni di midtime in Amerika e l'entusiasmo post-Obama già scemato, e questo in poco meno di due anni. Da una celebrazione mondiale ( premio Nobel per la Pace compreso!) ad una (prossima) mezza disfatta in arrivo. Perchè non importa se siano i Democratici o i Repubblicani a vincereo meno questa tornata elettorale, la cosa più importante è che si è spento il "sogno americano" legato al Presidente progressista. Un nero al "governo del mondo" è stato un bel sogno, ma...
Ma questo è il punto: l'America è si il paese dei sogni realizzabili, ma alla base ha quel pragmatismo che fa si che gli stessi sogni diventino realtà, e lo fà con quei meccanismi che lo stesso Obama stà cercando di demolire.
La l
ibertà americana è basata sull'individualismo, e - che piaccia o meno - è quell'elemento in più che rende la società americana più libera di quella europea. In America il cittadino americano è al centro della Società e la politica ne asseconda i desideri, le ambizioni e lo incoraggia. In Europa è l'inverso: la politica ( con le sue "Istituzioni" ) cerca di guidare, assecondare e indirizzare la vita dei suoi cittadini.
In Italia questa invadenza è ancora più pressante e becera. Provate a pensare all'idea di un "Governo tecnico" che aleggia sulle nostre teste. Cioè, "loro" decidono che a governare non va più chi è stato scelto dal popolo, ma può anche andare chi è scelto dai partiti! E ciò nell'interesse dell'Istituzione, non ei cittadini!
PS: Obama perderà, e perderà male. Ma la preoccupazione peggiore è che dopo la delusione di un sogno infranto, subentra la frustazione e, spesso, anche il rancore.
Keep on eye on!

venerdì 29 ottobre 2010

PPP goes Yankee

Che io consideri PPP uno degli ultimi pensatori di questo secolo, meglio forse dire di quello passato, è del tutto irrelevante, ma quando anche in Amerika cominciano a sottolineare la natura innovativa ed audace di questo libero scrittore la cosa non può non che farmi paicere. E per due semplici motivi; il primo, l'ho detto, per me Pasolini è un cicerone moderno che - sin dagli anni cinquantas - ha utilizzato la retorica della grammatica italiana per incorniciare l'ipocrisia della società moderna di allora ( ma attuale anche oraq poichè era ed è il moderismo a essere questionato), il secondo perchè è nel pragmatismo americo, privo di lirica, che l'opera Pasoliniana si è sempre scontrata. E non a caso ancora oggi PPP è considerato un autore minore, di culto, tra i colleghi europei.

Ecco consa ne pensano gli amici di City Light Press/:/
Pier Paolo Pasolini (1922-1975) was a major cultural figure in post-WW2 Italy, well known as a poet, novelist, communist intellectual, and filmmaker. In Danger is the first anthology in English devoted to his political and literary essays, and includes a generous selection of his poetry.Translated by several hands, including Hirschman and well-known rocker Jonathan Richman, In Danger is essential reading for anyone interested in Pasolini's brave lyricism and critical insight.
Enjoy!

giovedì 28 ottobre 2010

Diritti & Dritti#1

Questo breve video del Comitato Internazionale della Croce Rossa solo per sensibilizzare sul tema dei "prigionieri" o di quegli individui, sempre di più nel mondo, che vivono in una condizione di libertà limitata o controllata. Dall'Africa più scura, al Medio-Oriente più greve, migliaia di persone ogni mattina non sanno se faranno ritorno nelle proprie case o rivedranno più membri della propria famiglia. Scompariranno in austere e misere prigioni senza nessun diritto di difesa o replica.

Quando nel nostro paese sento che ci si lamenta per una "dittatura" mi indigno per la banalizzazione di una parola che, nella sua essenza, ha da sempre generato [vera] sofferenza e tristezza.

Un pò di rispetto please!

sabato 23 ottobre 2010

Dear Diane!

Diane di Prima è nata a Brooklyn, New York, americana di seconda generazione poichè di origini italiane [suo nonno, Domenico Mallozzi, fù un attivista anarchico], iniziò a scrivere all'età di sette anni e nella prima adolescenza maturò la ferma decisione di vivere come un poeta la sua vita futura.
Ha vissuto a Manhattan per molti anni, dove cominciò – e si affermò - come la più importante scrittreice dell'allora nascente movimento Beat americano, specialmente dell’aerea East Cost. Durante quel tempo ha co-fondato il New York Poets Theatre e fondò la Poets Press, che ha pubblicò – con una capacità visionaria e audace - il lavoro di molti nuovi scrittori del periodo. Insieme con Amiri Baraka (LeRoi Jones) curò la newsletter letteraria The Floating Bear. Nel 1965 si trasferì a upstate New York, dove ha condiviso con la Comunità di Millbrook dello “psichedelico” dottor Timothy Leary ogni forma di lisergia possibile.
Negli ultimi venti anni ha vissuto e lavorato nel nord della California, dove prese parte alle attività politiche e "rivoltose" dei Diggers, per poi ritirarsi, verso la fine degli anni sessanta, in una comune, dove studiò Buddismo Zen, sanscrito e alchimia.
Dal 1980 al 1986 ha insegnato le “tradizioni” esoteriche ed ermetici nella poesia contemporanea e anche se per un periodò breve, il programma didattico fù significativo, tanto chè il suo lavoro è stato tradotto in oltre venti lingue.
Ora vive e lavora a San Francisco, dove, dopo aver co-fondato il San Francisco Institute of Magical and Healing Arts, vi si dedica all'insegnamento. Senza tuttavia trascurare nè la poesia, né la narrativa legata anche al suo contributo storico sul movimento beat americano.

Perchè questo post su una (semisconosciuta) poetessa beat americana? Forse per ricordare ancora una volta come l'attrito che spesso determina una "diversità" culturale nelle politiche di integrazione, genera - a volte - intuizioni magiche e sensibilmente poetiche. Molti autori della beat generation sono si amerikani, ma di seconda e terza generazione. Questo non cambia il fatto che il movimento beat sia una "cosa" solo-ed-esclusivamente americana, ma il contributo che i non americani hanno apportato rilevante...o no?
Just think about!

giovedì 21 ottobre 2010

Punx a Roma - Anti You

Non è certo questo Blog uno spazio per recensioni tou-court, ma quando emerge qualcosa di interessante dal sottobosco della società ordinaria e ordinata credo che valga al pena condividerlo. E’ il caso degli Anti You di Roma. Gruppo capitolino dedito ad un nu HC veloce e stronzo ( sorry! Ma l’epiteto è in questo caso significativo!), una sorta di Supergruppo romano che annovera tra le sue fila membri di storiche band ancora attive e non, come Semprefreski, Threat of Riot, This Side Up, Die!, Comrades e Flu!, e che ha ormai diversi seveninch in giro e un CD per i tipi della S.O.A. Records niene male.
Suono stile HC americano ma con una particolare attenzione alle qualità delle registrazioni, il CD making your life miserable è registrato in modo eccellente per essere un disco punk e brani tipo il primo mi ricordano i primi Bad Brains. Cercateli in giro, suonano spesso dal vivo e ovunque e – oltre ai loro CD – procuratevi le magliette; il loro grafico è un must! Le copertine dei loro dischi sono identificabilissime e – alla lontana, ma sempre in modo originale – sembrano seguire la linea di Raymond Pettibon e dei dischi dei Black Flag o della SST in generale.
Enjoy Hard Core and live life!

mercoledì 20 ottobre 2010

Sinistra [americana] vs Destra [europea]

Ancora una volta dall’America arriva un esempio di giornalismo orientato politicamente, ma corretto e non pettegolo. In un paese liberale e liberista è normale che esista un attivismo anti-reazionario. La società americana, sono consapevole che potrebbe sembrare un semplificazione, è orientata sulla solidità di un certo conservatorismo, e questo sia di destra che di sinistra, ma è all’interno di questa struttura conservatrice eliberista solidamente strutturata che trovano spazio i vari Noam Chomsky, Henry Rollins, Howard Zinn e i movimenti [veramente] radicali e un’informazione libera e "americanamente" indipendente. Tra queste riviste come Mother Jones, The Proggressive a sinistra e The American Prospct e – forse, ma non è facile identificarne l’appartenza alla luce di un pragmatismo sfacciato – The American Interest.
Una flora editoriale impensabile nel nostro paese dove tutta, e ribadisco tutta! – l’informazione italiana è politicamente orientata. Su questa linea si sviluppa anche il progetto comunicativo dell’emittenza pubblica. In Italia tutti sanno, sin dalla nascita, che il primo canale RAI è governativo, il secondo laico di opposizione e RAI Tre comunista. Da sempre! Si nasce con questa convinzione e guai a dire che le notizie sono politicamente orientante i piagnoni del vecchio sistema grideranno alla censura. Nei nostri canali pubblici soggetti come Santoro, Vespa, Fazio, Dandini vanno in onda da vent’anni…e forse più. Ma chiunque ipotizzasse un naturale ricambio generazionale verrebbe accusato di essere un becero censore.
Due generazioni di giovani giornalisti, intellettuali, pensatori con idee cresciute e sviluppate magari nei Centri Sociali di Destra e Sinistra, dei NetWork autonomi e autogestiti, nelle fanzine universitarie e nei blog, completamente annientate da chi? Da “vecchi” cultori di un conservatorismo che tutela solo loro stessi, i loro interessi e gli interessi della “loro” parte. Non certo la libera informazione.
Are U free? Really Free?
Su Dissident ( un’altra bella rivista leftwing americana) una interessante critica alla destra europea ( in parte condivisibile…ma in parte!) ci mostra come si possa ancora dare spazio ad una visione che mette l’idea della politica alla base della critica e non le case ad Antigua o Montecarlo, e meno che mai la finta censura dei soloni da venti milioni di euro! U know what I mean?

sabato 16 ottobre 2010

Ciao Alfredo, bravo Beppe [per stavolta!]

I miei pochi (ma sono in costante aumento!) visitatori del blog sanno che non amo Beppe Grillo, nè i beppegrillismi in genere. Toppo retorico e - a volte - furbo Dall'acquisto dei suoi prodotti utilizzando il sistema di credito delle banche; perciò arricchendole, alla sua ultima tourneè. Indovinate quanti TIR si muoveranno e quanti ( inquinanti) riflettori illunineranno il suo palco, il parcheggio esterno, ecc...ecc..come detto questa retorica ( tanto di moda anche in politica in giorni nostri) non mi piace, ma, detto questo, come si fà a non condividere il suo Comunicato politico#37. Clikkate a sinistra o andate a cercarlo sul suo sito, nè vale la pena!
...ancora poche righe per fare una considerazione. La morte dei Sandra Mondaini ( e Raimono Vianello of course) è stata celebrata su tutte le tv e i giornali; dirette televisive, talk show, famose vecchie mummie televisive si sono ringiovanite dalla morte dei due comici. Grandi comici, ma - sostalziamente - comici.
La morte di Alfredo Bini stà - di contro - passando via come l'acqua sotto un fiume. Poche righe, qualche commento in tarda notte, nulla di più, poco di meno. E pensare che dobbiamo a lui e al suo coraggio se nella cultura iconografica del nostro paese esiste un cinema "alla-Pasolini". Tra le sue produzioni ( cioè c'ha messo lì sòrdi!) "Accattone" e "Uccellacci e Uccellini".
Ho avuto la fortuna di conoscerlo e frequentare per un pò la sua casa sulla Laurentina. Tra i ricordi più eccitanti; la visione di imagini inedite di Accattone, una serie di belle fotografie di Pier Paolo Pasolini e Bini sul set e una edizione ( mai ristampata) del libro Ostia. Con dei commenti epigrafi di Pasolini.
Ma che paese siamo se releghiamo a Sbirulino e ai Tetti-ritinti la storia culturale del nostro paese e lasciamo scomparire - con la morte di Alfredo Bini - il senso del coraggio artistico e l'impegno civico per un cinema scomodo. Che paese siamo? beh, this is Italy, my dear

venerdì 15 ottobre 2010

...e bravo Barak!

L'America sembra avere seri problemi in termini di diritti umani; lo ha fatto notare il Dipartimento di Stato del Presidentissimo Obama al mondo questa settimana, soprattutto per quanto riguarda il “nostro” [il loro] trattamento delle donne, dei neri, Latinos, musulmani, Asiatici, nativi americani e membri della Comunità LBGT. Ma stiamo lavorando per costruire "un mondo più perfetto". Questo è il senso di un intervento scritto (di quasi 30 pagine) di autovalutazione rilasciato al Consiglio delle Nazioni Unite.
Dopo la lettura di queste “gemme” retoriche come "l'esperimento americano è un esperimento umano", scopriamo che – in breve – cediamo in termini di rispetto sui Diritti Umani su "equità, uguaglianza e dignità" in settori quali istruzione, salute e abitazioni. Per rimediare a carenze educative al livello di università, il Dipartimento dell'istruzione del Obama è assiduamente impegnato nella promozione di un "equity educativo per le donne e gli studenti di colore", qualcosa che i sottorappresentati uomini bianchi dovrebbero guardare con “interesse”, visto come sono spesso ignorati alla luce della loro normalità etnica. E qui c’è un altro interessante problema di diritti umani: "i cittadini Asian-American soffrono del 114% di cancro allo stomaco più spesso uomini bianchi non ispanici." Wowowow!
Si ottiene una strana immagine della civiltà americana. La relazione si legge come un opuscolo di campagna politicamente corretto, esplodendo al massimo la natura umanitaria dell'amministrazione e del suo attivismo style Obama-care come impegnata nel promuovere i "diritti umani"...in America! E questo anche in un contesto Mondiale, come quello delle NU.
Fondata idealisticamente sulle ceneri della seconda guerra mondiale, le Nazioni Unite oggi sono “osservate” in gran parte per la sua corruzione — politica, finanziaria, e personali — e non c’è corruzione più perversa che quella sulla questione dei diritti umani. Quando nel 2004, nel mezzo della pulizia etnica nel Darfur, il Sudan fù eletto all'unanimità in seno alla Commissione ONU sui diritti umani, l'ambasciatore statunitense uscì immediatamente dalla Commissione stessa per protesta. Due anni più tardi, la Commissione è stata sostituita dal Consiglio ONU dei diritti dell'uomo, i cui membri oggi includono begli esemplari dei diritti umani come Russia, Cina, Arabia Saudita e Cuba —e, con l’occasione vi fecero ritorno anche gli Stati Uniti.
Il Consiglio riesamina il human rights profile di tutti i membri delle Nazioni Unite ogni quattro anni. Parte di tale revisione è un'autovalutazione e le relazioni dei molti membri delle Nazioni Unite non sono così pesanti come l’auto-flagellazione dell’Obama amministration. Nella loro relazione più recenti, i sauditi - ad esempio - si spingono sino nel dire che i diritti umani sono rispettati nel regno saudita in coerenza con la legge della sharia. Così come per i diritti delle minoranze religiose, donne, Gay e lesbiche. Infatti, i sauditi ci dicono anche che condannano "il disprezzo e diffamazione delle religioni che permettono in alcuni Stati in nome della libertà di espressione". Ovviamente senza nessuna reciprocità!
Questa è ( più o meno) la traduzione di un testo comparso sul blog di politica americano: the corner.
Quello che mi sembra interessante è ancora una volta pointed out l'atteggiameto spregiudicato di chi “capitalizza” in termini di consensi politici, elettorali e di becera propaganda di parte, lo strumento dei Diritti Umani, senza tenere conto che la banalizzazione di questo mandato umanitario umilia chi viene privato – nella sostanza – quotidianamente dei diritti fondamentali dell’uomo.
Per un Barak Obama che sembra “più bravo” degli altri, ci saranno migliaia di rinchiusi nelle carceri di paesi dove la violazione dei diritti umani è una cosa seria e non da…propaganda. Per compiacere alle proprie amministrazioni e alle amministrazioni del nordo del mondo…certo è che se poi arriva anche il premio nobel per la pace...beh, che dire? viva Sara Palin?

mercoledì 13 ottobre 2010

Liu Xiabo 10 - Santoro 0

E’ ancora forte l’attrito che il conferimento del premio Nobel per la Pace allo scrittore Liu Xiaobo ha generato tra mondo vs Cina, che nel nostro sempre più provinciale paese il tema della censura è stato già sostituito con qualcosa di più rilevante. Cosa? Ma l’ Affaire Santoro my dear, of course!
Ancora una volta il nostro paese dimentica l’intero mondo e posiziona i propri riflettori su “pericoli di censura” come quello di sospendere per 10 giorni ( dico 10 giorni!!! E on per sempre come lo “sconosciuto” Liu Xiabo!) un anchorman che – entrando nelle case di milioni di italiani – insegna la cultura del vaffanc*** e del non-rispetto. Non ho avuto mai particolare simpatia per il giornalismo santoriano, ma quando questo specula sulla sorte e sui destini di centinaia di vere vittime della censura ( vedi International PEN ), come in Cina, in Iran, ed anche in Centro-america quasto mi fa sdegnare. Non si può, né si deve banalizzare la parola “censura” per meri interessi personali e – meno che mai - per negoziare lucrose buone uscite dalla RAI.
Ma tant’è e nessuno parlerà più del povero Liu Xiabo mentre su Santoro molve vesti verranno stracciate, bonzi si daranno fuoco e finti-giornalisti si indigneranno. This is Italy my friend!

martedì 12 ottobre 2010

Voglio Bart come Presidente della Repubblica!


Come si fa a non amare i Simpsons? Guardate il video sino alla fine e provate solo ad immaginare se sarebbe possibile una cosa del genere nel nostro paese! Con la FIAT che esternalizza da anni, i grandi marchi del Fashion Made in Italy che da decenni hanno abbandonato il nostro paese e le nostre maestranze. Distretti tessili toscani che si sono cinesizzati nella totale indifferenza di tutti. Le grandi imprese complici di questa malaglobalizzazione e le piccole Medie Imprese a tirare l'acqua sino alla fine. Wake up SaraTex troops! Rise up!

giovedì 7 ottobre 2010

Barak's dream...

Con l’elezione di Barak Obama alla Casa Bianca tutti avemmo la sensazione di qualcosa di nuovo a new deal, sia per l’America che per il resto del mondo. Era una sensazione legittima e anche chi, come me, si mostrava un po’ scettico sull’equazione nero=buona democrazia, fu “stordito” da eccitanti ed appassionati discorsi davanti a folle oceaniche e commenti entusiastici del 99,9% dei soloni [anche quelli italiani] televisivi. Ora è passato del tempo e la realtà della pragmatica America davanti agli occhi di tutti. La riforma sanitaria all’europea in bilico, la caduta di consensi del Presidente rapida, ripida e veloce, e le [belle] vaghe politiche sociali d’integrazione al fallimento ( pensate, su tutte, alla malsana idea di fare una moschea vicino al monumento, o ciò che resta, delle Twin towers). L’ultima esigenza, sull’onda di una comprensibile – ma in campagna elettorale sottovalutata -, operazione di “sicurezza nazionale” l’idea di monitorare non solo le pagine web, ma anche le chat e i forum degli americani. Wowowow!
Se il nostro esecutivo avesse solamente proposta una cosa del genere avremmo i [finti] paladini della libertà di stampa in una fase di fibrillazione tale che non basterebbe la scala Richter per classificarla! Invece, alla luce anche di un nostro naturale provincialismo, nessuno né ha parlato e si continua a consegnare alla [misera] cultura politica del nostro paese l’idea di una Barak Obama di “successo”.
La recente massiccia marcia dei Conservatori, che si sono appropriati – con successo – dei luoghi sacri dell’ american left movement un esempio di come non si possa pensare di fare politica basandosi su aspettative e speranze (meno che mai sull’eccitamento del colore della pelle!), poiché il fallimento di queste attese genererà inevitabilmente nuovi comunismi, nazismi, fascismi.
Però in america c’è un forte movimento anarchico e socialista che saprà contrastare queste derivo…almeno spero! Se non ci riusciranno loro la cultura liberale e liberista vera spazzera via ancora una volta ogni ismo!

martedì 5 ottobre 2010

Coffe and Anarchy

Per quanto mi sforzi di far comprendere che l’anarchia – e la sua filosofia e manifestazione teorica -, sia una cosa lontanissima da vecchi bombaroli baffuti, vestiti in nero e sempre incazzati, beh…non ci riesco! Però la rete aiuta molto e penso che questa strip del [bello, ma difficile ] fumetto too much coffèe man sia decisamente chiarificatrice. Sia in termini di contenuti su l’Anarchia, che sui pregiudizi e la pigrizia di molti nel non voler avere un'approccio più ponderato sui desideri e i sogni di vecchi e giovani anarchici all round the world! Enjoy!

I Do love NYC as Brendan Behan

Anni fa Dublino era la città che frequentavo più spesso, in passato era Parigi che prosciugava la mia Carte di Credito, ora mi divido tra le Langhe e Ginevra, però il mio interesse di sempre è rimasto per New York. Ogni volta che una rivista, un giornale un film fa riferimento a posti e luoghi che ho frequentato con…frequenza mi viene la voglia di rifare un altro viaggio nella grande mela. Non sarò certo io ad impelagarmi nel valutare l’importanza di NYC nella cultura moderna, la nuova geografia degli interessi, dello specioso bla-bla su NYC, ecc.ecc. però anche stavolta mi divertirò (perché a leggere i “pochi” commenti, sembra che mi diverta solo io!) a elencare i cinque dischi, films, dvd, cd che meglio rappresentano la “mia” New York City.
Al quinto posto il film What about me di Rachel Amodeo, una semplice storia di una homeless newyorkese diventa l’occasione per conoscere dei veri outcast come Dee Dee Ramone, Jerry Nolan, Richard Hell, Johnny Thunders, Gregory Corso, Nick Zess nel loro contesto naturale. Forse il film non è un granchè e la recitazione di alcuni pessima, ma c’è dentro tanto Pasolini nella scelta di attori così ben rappresentativi della NYC sbandata e misera che non lascerà nessuna eredità importante.
Al quarto posto tutta l’opera dei Velvet Underground. Benchè “copiati” a destra e manca da molti, niente riesce ad essere così identificativo, per una band musicale, come il loro suono per New York. I Velvet Underground e New York sono una cosa sola. La colonna sonora di una notte a NYC non può non essere che la voce di Lou Reed.
Al terzo posto spetta il libro, ma anche il film non è male ( però ai giorni nostri faremmo di meglio!) Last Exit to Brooklyn, di Hubert Selby Jr.. In una visione dannata delle vita di NYC tre soggetti vivono il loro disagio in modo arrogante e violento. Siamo negli anni ’50 e mentre l’iconografia popolare celebra con West Side Story una NYC romantica, si anche cinematograficamente violenta, ma alla fine conciliante, Last Exit si posiziona sin da subito ai confini della grande mela tra transex e sindacalisti, nella zona d’ombra che per primo Selby Jr. illumina, se pur con una luce fioca ed inquieta. Last Exit è anche una serie di piccoli camei tumorali di una Brooklyn malsana e banale, come a tratti NYC sa essere, ma che da sempre attrae nella sua zona d’ombra dove anche la banalità sa diventare poetica.
Al secondo il film Bronx Tales di Robert De Niro. Questa è anche NYC. Il Bronx degli italiani che rimorchiano le signorine in lingua originale e giocano alla morra. 5! 7! 9! ‘fanculo! C’è più italianità in questo film che non in tutta la saga del Padrino. Vera America, vera NYC, vero Bronx di un vero newyorkese nato italiano e diventato americano senza perdere niente e aggiungendo molto. Good Old Woop!
Al primo posto il libro Brendan Behan's New York. Migliaia i testi su NYC, la grande mela è stata sbucciata e sezionata in miliardi di parti che hanno generato tonnellate di parole, ma nessun testo – secondo me – ha la capacità di essere poeticamente semplice, ironicamente graffiante e pragmaticamente americano come questo di Brendan. E pensare che Brendan Beham è irlandese – e della lirica irlandese ne è un grande campione – anche se, nel libro appare chiarissimo, lo stesso Behan sente NYC his second home. As me!

giovedì 23 settembre 2010

Tornano Girella e Santoro

"È una parola tipicamente italiana, come la pizza, la tombola, la mafia, ma che, a differenza di questi prodotti impostisi nella nomenclatura internazionale, è rimasta circoscritta al vocabolario politico interno. Quando parliamo di “trasformismo” lo straniero non capisce e bisogna spiegarglielo.
Nel vocabolo sono contenuti e talvolta confusi due significati, due situazioni diverse: una pratica di governo rivolta a disgregare partiti e schieramenti tradizionali, associandone i monconi a maggioranza parlamentari avventizie, con un’opera spregiudicata di assimilazione ( o, secondo degli avversari, di corruzione); il costume di mutare, per opportunismo, bandiera o partito, al modo di Girella [vecchia maschera di politica italiana e universale] o di Fregoli, che questo genere tradusse con successo in tecniche di mimo e arte del travestitismo. Due fenomeni come si vede, quasi complementari tra loro: l’attivo e il passivo, chi trasforma e chi è trasformato".
Confesso, non sono parole mie – anche se ne condivido in pieno il senso e la lirica -, ma dell’anarchico Pier Carlo Masini, di cui in queste settimane le edizioni BFS propongono una trentina di glosse, tra cui questa. Reperibili con un po’ di difficoltà l’opera letteraria del Masini [ tra cui, se vi capita in qualche mercatino, il compendio su Cafiero, edizioni Rizzoli e Poeti della rivolta edizioni BUR ] è illuminante ed attuale anche nei giorni nostri, ispirata com’è dall’affascinante utopia anarchica.
Queste giornate politiche così intense [per loro] hanno inciso su pietra istituzionale la legittima del “trasformismo” nella nostra classe politica: in sicilia gli elettori supportano un programma di destra e lo vedono attuare da una giunta di sinistra. A Livello nazionale Parlamentari eletti sotto la bandiera della destra e – immagino – né condividevano allora i valori e principi che votano con la sinistra. Insomma capriole e copovolte a go-go! Ma cosi ci aspettavamo in un circo? Prima i pagliacci ora gli acrobati! E non siamo ancora ai colleghi del circo di Montecarlo!
Nel mezzo gli italiani e il nostro destino sempre più in amno ad irresponsabili ed egoisti amministratori della “cosa pubblica” e oggi riprende anche AnnoZero condotto dal re del trasformismo; prima in Rai, poi Mediset, poi Rai…Sky, Rai e contratti milionari per una concordate e censoria buon’uscita.
…caro vecchio Franti, quanto ci manchi!

mercoledì 15 settembre 2010

Fragole, sangue e Grilli


Lost but [not yet] found! Chi si ricorda di questo film? Fragole e Sangue! Uno studente disincantato entra in contatto con i giovani ( ed arrabbiati) studenti universitari della giovane Amerika. Sono gli anni sessanta! Black Power, Hippies, droghe a go-go! Vietnam! E – più importante di tutto – una sincera, quanto naif, voglia di controcultura e di rivoluzione. L’eredità di quegli anni è stata in parte dispersa e la cultura "movimentista" di oggi ( popolo viola, popolo della carriole, popolo dei fax…popolo di Mirabbelo) decisamente impresentabile! Straweberry Statement non è mai stato ristampato in DVD in USA e non è disponibile neanche nel circuito amazon.com. Questo la dice lunga sulla differenza di essere veramente antagonisti ( ed ancora censurati) e vendere on-line i propri “prodotti rivoluzionari” ( attraverso il circuito delle Carte di credito e delle ricche banche) spacciandoli per antagonisti.

martedì 14 settembre 2010

Bombe sulla periferia...yankee!

Di questo libro, pubblicato in queste settimane negli States sentiremo sicuramente parlare anche in Italia. anche se con notevole ritardo arriverà sul nostro mercato-culturale una pubblicazione dal taglio razor-shaped non molto lontano e non meno affilitao & tagleinte dal capolavoro di Hubert Selby Jr., Last exit to Brooklin

Date un'occhiata al sito della casa editrice Akashic Book e godetevi il loro catalogo, per adesso ecco la versione originale di una mail di "propaganda" inviatame dall'editore. Enjoy!
Equal parts hip-hop memoir, razor-sharp analysis of the current political climate, and self-help manual for the progressive movement, Please Don’t Bomb the Suburbs: A Midterm Report on My Generation and the Future of Our Super Movement (Akashic) will hit bookstores in September. Considering the author is venerated political organizer Billy Wimsatt, it’s no surprise that the release date is just ahead of the November 2 midterm election.
Wimsatt’s book tour for Please Don’t Bomb the Suburbs will land in swing states nationwide: Ohio, Nevada, Missouri, Pennsylvania, Kentucky, North Carolina, Virginia, Florida, and the Chicago native’s home state of Illinois, where President Barack Obama’s former Senate seat is in a toss-up zone to go red.
Through speaking engagements on campuses and at bookstores around the country, Wimsatt will organize local teams to join a new voter-mobilization initiative called the 12-Week Plan--a program designed to engage progressive voters in electoral organizing in the months before the midterm election.
“The book is the story of my generation coming of age with hip-hop and the culture wars of the ’90s, then waking up--or rather, being slapped across the face--by 9/11, and the Bush years;
finding our voice in Obama’s election, and then feeling frustrated by what followed,” says Wimsatt, who now leads All Hands On Deck, a new organization focused on mobilizing progressive voters. “Even before Obama, we were the most progressive voting generation in U.S. history. We’re also the ones getting left with the bill for melting icecaps and the longest war in our history. The book asks: What does it mean for us to be the grown-ups here? How can we build on our success and create a progressive ‘super movement’ for the 21st century?”
The title Please Don’t Bomb the Suburbs plays on Wimsatt’s first book, Bomb the Suburbs—a treatise on graffiti, race, and politics that became a cult classic in the 1990s, and combined with his second book No More Prisons, sold more than 90,000 copies.

lunedì 13 settembre 2010

Socrate Vs Superman...and the Zen of the art of making happiness with superpowers!


Sperando che non s'incazzino al Corriere.it e che l'autore Trevisin non veda "umiliato" il suo bel lavor su questo blog, pubblico per intero un'articolo apparso oggi on-line su corriere.it. Super-eroi e Filosofia? Wowooow...lo dico da sempre che la vita è come una partita di calcio giocata da super-eroi!...enjoy!

Batman come Socrate, gli X-Men come i sofisti. Nelle università americane la filosofia la insegnano i supereroi. Cresce, infatti, il numero degli insegnamenti che riguardano i cosiddetti popular media: fiction, fumetti, cinema, sono da tempo materia di studio negli atenei degli Sati Uniti. Ma che superpoteri e massimi sistemi potessero andare a braccetto, fra un Wham! e una meditazione cartesiana, nessuno, forse, lo avrebbe mai potuto sospettare.

ETICA - Capita invece che il professor Christopher Robichaud, della Harvard Kennedy School, nel Massachusetts, per avvicinare i suoi allievi ai dilemmi della filosofia morale, offra loro l'esempio di Spider Man: com'è che il giovane Peter Parker deve usare i suoi superpoteri? Moralmente è tenuto a metterli al servizio della comunità? O sarebbe altrettanto «etico» impiegarli per soddisfare la sua vocazione di scienziato? Càpita, ancora, che Christopher Bartel, assistente di filosofia all'Appalachian State University del North Carolina, dia da leggere agli studenti Watchmen, il fumetto degli inglesi Alan Moore e dave Gibbons, premio Hugo nel 1988. E un personaggio, in particolare, serve a Bartel per illustrare le teorie del determinismo e del libero arbitrio: è Dr. Manhattan, alias Jon Osterman, lo scienziato che un incidente nucleare ha trasformato in un essere superpotente, in grado, per di più, di prevedere il futuro.

STAN LEE - Il creatore di tantissimi supereroi (Spiderman, X-Men e i Fantastici 4 su tutti), Stan Lee, ripercorrendo i suoi 71 anni di attività in una recente intervista alla Cnn, lo aveva detto: «Anche se erano storie d'azione a fumetti, ho pensato che poteva essere interessante per i lettori avere una terza dimensione, che ho sempre cercato di introdurre in forma sottile, iniettandovi un po' di filosofia. Qualcosa su cui riflettere, mentre si legge». Più pragmaticamente, il professor Bartel descrive il suo corso – Filosofia, letteratura, cinema e fumetti – come un «fantastico strumento di reclutamento»: moltissimi, fra i suoi studenti, avrebbero scelto la specializzazione in filosofia. Secondo William Irwin, del Black's College of Pennsylvania, non c'è nulla di strano nel mescolare eroi in costume e pensieri altisonanti. «La filosofia comincia con Socrate nelle strade di Atene», commenta, «quando si sforzava di parlare nella lingua del popolo, adoperando analogie con l'agricoltura e citando la mitologia più spicciola». Irwin è, fra l'altro, editore della collana And Philosophy, dove spiccano titoli come X-Men and philosophy, Lost and Philosophy e Batman and Philosophy, dove senza mezzi temini ci si domanda «Perché Batman non uccide Joker?», visto che ogni volta che lo fa arrestare quello, sghignazzando, dopo un po' se ne esce di galera.

NECESSITÀ O PROPAGANDA? - L'autore, Mark White, della City University of New York, si dice sicuro di «scatenare qualche grassa risata nei corridoi». Del resto la domanda si pone legittimamente: questa vague fumettistica negli atenei americani inquadra una reale affinità fra materie di studio e cartoni? Oppure dipende dal narcisismo di qualche professore fanatico di supereroi? Insomma, siamo di fronte a un'evoluzione della didattica, o siamo piombati di colpo in un'aula della scuola Marilyn Monroe, quella del film Bianca di Nanni Moretti? «Ma non stiamo mica mettendo Superman sullo stesso piano di Omero e Dante», ci tiene a precisare Irwin. «L'obiettivo è semplicemente quello di interessare la gente alla filosofia, parlando loro subito in termini familiari».

SUPERUOMINI - Ma forse una spiegazione più sottile, riguardo all'importanza dei supereroi nella cultura americana, l'ha data involontariamente il filosofo Georges Sorel, che nel 1908 si esprimeva con parole in tutto simili a quelle di un moderno fumetto. Il teorico del sindacalismo rivoluzionario scriveva, nelle sue Riflessioni sulla violenza: «Credo che se Nietzsche non fosse stato così preso dalle sue reminiscenze di professore di filologia, si sarebbe accorto che il superuomo esiste per davvero, e che attualmente è incarnato dalla potenza degli Stati Uniti». E nel 1985, pubblicando Watchmen, Alan Moore mette in scena lo speaker di un telegiornale americano, mentre annuncia al mondo che un uomo dai poteri straordinari (il Dr. Manhattan di cui sopra) è al servizio del governo americano, impegnato nella guerra fredda contro l'Urss. Le parole del conduttore sono esattamente queste: «Il superuomo esiste, ed è americano!». I casi sono due: o Alan Moore ha letto Sorel, oppure della necessità di questi supereroi-filosofi dovremo, come han già fatto gli americani, farci una ragione... filosofica.


domenica 12 settembre 2010

Tu voi fà l'americano...ops, l'italiano!

Allora…il Festival del Cinema di Venezia incorona il suo nuovo Re, anzi, in questo caso Regina…o forse principessa, vista anche la giovane età della vincitrice. La Coppola junior ha vinto la 67a Mostra del cinema di Venezia con il film "Somewhere". Morto un Re, viva il Re! Non ho visto [ovviamente] il film, sarà sicuramente bello, ma ancora una volta nel mondo dello spettacolo il tema del TengoFamiglia emerge. In Italia, of course, si primeggia; I Comencini, I De sica, I Guzzanti-3-Guzzanti, i Celentano’s sono all’ordine del giorno, ma quando anche gli americani scivolano su questo (antipatico) nepotismo mi stranisco! Se poi aggiungiamo che nella giuria c’era anche l’ex fidanzato, quel “famoso” Quentin Tarantino tanto pulp quanto sempre più pop, la cosa si delinea con contorni strani. Inquietanti. Direi italioti!
Aggiungo uno stralcio preso dal corriere della sera versione on-line per darvi un’idea: “Tarantino prende il microfono e affronta subito l’argomento che ha animato la 67a mostra «il conflitto d’interesse con i suoi amici registi? I film si giudicano per la capacità di divertire ed emozionare. Della politica e di tutto il resto non ci importa. Questo film ci ha incantato, la giuria lo ha scelto all’unanimità. Discutevano, ruminavamo, ma alla fine Somewhere saltava sempre fuori». In conferenza stampa, però, dopo aver incassato i primi applausi, a chi lo fischiava il regista de “Le Iene” ha risposto con un gestaccio. Ma il Leone non convince neanche il pubblico pagante. E la proiezione di Somewhere alle 22 e 30 in sala Darsena si conclude tra fischi e qualche buu
Insomma; il film non convince, la giuria non convince con il suo voto, la “credibilità” dell’intera strirrura del Festval non convince, però la giovane Coppola vince. Echetepare! Forse ha convinto il suo nome.Sarebbe sato lo stesso se invece di Coppola avremmo avuto un padre che si chiamava Baschetti? Boh?
Deve essere vero il detto che paese che vai, usanza che trovi…però non è che adesso tutti i figli d’arte di papà famosi devono venire nel nostro paese ad affermarsi ! Ci bastano i ( già tanti!) nostri!

giovedì 2 settembre 2010

American HC...with nostagia!


Ok…ci riprovo, ma non garantisco che arriverò alla fine: una nuova classifica delle cinque canzoni punkyankee più punk di altre! Ci provo e l’idea mi è venuta ieri, quando, tra i tanti pacchi, pacchetti, pacchettini arrivati da un po’ ogni parte del mondo, mi è arrivato il volume “Touch and Go: The complete Hardocore Punk Zine /79-‘83”, un barilotto di quasi 600 pagine di vecchio punk HC americano. Da avere!
Subito, preso da ‘na botta de nostalgia, ho preso il mio IPod e mi sono deciso a realizzare la mia compilation punkyankee preferita…e subito si è scatenato un mega pogo nella mia testa: che metto? Chi escludo…i Germs, cazzoquestisi, ma lascio fuori i Flipper? E i Fugazi? E Joe Baiza? Così l’idea, una compilation fatta “solo” con le mejo band…ma da capo, chi dentro l’IPod? E chi lascio fuori? Dopo una lunga paranoia adolescenziale, e un po’ nostalgica, ho circoscritto la cosa a cinque-solo-cinque bands e metto on-line il mio risultato. Con un’accortezza. Questo è il mio punk!
Alla posizione cinque abbiamo i Bad Brains, il pezzo “pay to cum” è qualcosa che ancora oggi stordisce; duecentosecondi di ritmo, melodia e rabbia. Da sentire erisentire cento, mille volte. Poi anche l’evoluzione della band è stata coerente con la loro natura e i diversi membri sembrano vivere ancora nel giusto spirito! Wowowow speed Rasta-Core!
..al quarto posto ( forse un po’ anomali rispetto alla scena HC ) gli Husker Du. Sono sicuramente la parte finale del periodo HardCore, ma dal loro suono nascono album come the process of wedding out dei Balck Flack e l’intera scena noise-strumental della SST. Il loro primo 7 pollici dinamite, ma gli ultimi album sinceri ed evoluti. Tutto quesi decenni prima dei Nirvana e del Seattle sound! I don't want to know if you're lonely una fottuta canzone punk e Zen Arcade un album jazz-core!
Dead Kennedys al terzo, come lasciarli fuori e cosa aggiungere: Nazi punk fuck off!
Il secondo posto è Black Flag e per la costante opera di Henry Rollins. Pochi, forse anche Jello Biafra, i protagonisti della scena punk HC americana che hanno saputo trasformarsi da oltragisti ad attivisti dei diritti civili, pungolatori, aggressivi critici del modello americano come Rollins appunto. A mio modo di vedere più efficace e inamovibile, ma sincero e vero dei vari Chomsky, Zinn e altri falsi profeti ( ne hanno anche loro, non solo noi! )
Al primo posto, che piaccia o no, spetta a loro, a tutta la loro produzione ( che da sola a riempito mezzo IPod ) The Ramones…hey oh! Let’s Go!

mercoledì 1 settembre 2010

L'Anarchia convenzionale


Rientrato a Roma ritrovo dei miei vecchi amici che non solo non mi hanno tradito, ma mi hanno pazientemente aspettato nel box della mia portiera; mi riferisco ai miei libri, compagni di viaggio, di notte…di tutto e alle mie riviste e anche a bizzarri CD. Anche loro [ le riviste] strumento utile di curiosità e comprensione alternativo al sistema in piedi ai giorni nostri in Italia. Non che non ci sia libertà di stampa (conoscete ormai la mia posizione), ma che manchi coraggio e qualità è ormai un fatto così palese che giornali, telegiornali, informazione televisiva viene fatta e prodotta dai figli della politica per la politica. Dal servo al padrone ( TG3 per i padroni left, TG4 per i padroni right...stesso circo, diversa la musica! )…però, ogni tanto germoglia qualche fiore ed a casa ho trovato il numero 355 di Rivista Anarchica. Un “barilotto” di 178 pagine al prezzo di €5.00 che spazia in diverse aree; un’interessante Dossier su Pietro Gori, poeta anarchico, un ulteriore approfondimento sui movimenti anarchici russi ai giorni d’oggi.
Anche se una parte dell’editoriale mi ha lasciato perplesso. Una posizione, quella di Rivista "A" che mi ha un po’ disorientato. Mi riferisco a questo passaggio: “Gente che legge “A”, ma compra l’Internazionale, Il Manifesto, Azione non-violenta, il Diario,ecc…che guarda in TV Report, Santoro, Ballarò, ma anche i canali di storia o chissa cos’altro. Che ascolta le radio locali di movimento”. Io non compro il Manifesto, nè guardo in TV Santoro. Non mi piace Diario e trovo molto fazioso Ballarò ( Sarà un caso che và in onda sulla tv comunista di stato? )
Cerco che se anche una rivista storica dell’antagonismo al sistema si lascia sedurre da finti rivoluzionari come Santoro ( forse sfugge ad “A” il lauto compenso di questo "militante" e la sua omerosa proposta di uscita dalla RAI. Proposta che non venne mai fatta ad altri “censurati”), mi domando cosa abbia più senso nel movimeto anarchico italiano.
Fortunatamente rivista Anarchica NON è l’organo ufficiale di un movimento, quello anarchico, che per sua natura rifiuta ogni forma di scrittura.
Comunque concediamo anche ad “A” uno scivolone e riconosciamogli il merito per anni di sana e vera militanza.
Almeno per stavolta. Ancora una volta...not more!

lunedì 23 agosto 2010

Speak Out#1



Si torna a casa dalle vacanze e si riprendono le “vecchie” abitudini…solo che adesso siamo un po’ più rilassati. Almeno così sembrerebbe…comunque è "convenzionalmente" così e punto! L’occasione di una ristrutturazione della mia casa in campagna [ hey! Non a Montecarlo, ma a Montefalco!...nun ce provate! ] è stata l’occasione per rimettere in ordine vecchi scatoloni dal contenuto ( dopo anni ) a me ora sconosciuto. Una volta aperti, la sorpresa: riviste e libri degli anni ’90! Wowowow…FlipSide, MaximumRocknRoll…vecchi numeri de La Voce di Montanelli e i primi numeri originale di Wired americano…insomma, una piccola fortuna! Però, tra i tanti pamphlet stipati nei cartoni, uno in particolare mi ha colpito più degli altri: “50 ways to fight censorship” di Dave Marsh.
Cos’ha di speciale questo libro? Beh…intanto è del 1990! NON c’era internet ed era possibile ottenerlo solo via posta in Europa, NON c’era una casella di posta elettronica, NON esisteva l’edizione in PDF, né Amazon attraverso il quale ordinarlo. Insomma, negli anni novanta il “rischio” censura era veramente alto e realistico. La necessità di mobilitarsi concreta ed i rischi di un “silenzio istituzionalizzato” forte. Fatto stà che molti di noi si mobilitartono per davvero, in concreto e non per un piagnisteo un po’ snob come accade ora. Alcuni di noi, giovani punks, si procurarono libri, dischi e FanZine e cominciarono a tradurre e diffondere tutto ciò che - con lungimiranza - la società off americana ci suggeriva come "pericoloso".
Vi rammento ancora che non c'era internet e chi di voi si ricorda le BBS?
Alcuni dei mie amici/lettori del blog mi criticano perché mi “accanisco” contro i Santoro, i Travaglio, i Guzzanti-3-Guzzanti e non contro lo stato "censore". La mia risposta è sempre la stessa: perché - dobbiamo essere onesti - non è possibile assolutamente esercitare nessuna censura in quei paesi dove l’accesso ad internet è libero. Adesso on-line puoi trovare cose che negli anni ’90 era semplicemente impossibile esserne solamente a conoscenza della loro esistenza. Adesso chi parla di censura nel nostro paese lo fa solo come forma di vittimismo per “capitalizzare” poi i propri scritti, i propri passaggi televisivi…per diventare “personaggio”e "vittima"...e - cosa peggiore - professarsi attivista dei Diritti Civili! Go away nerds!
Sarò sempre dalla parte di chi, nel nome della vera libertà d’espressione rischia la propria vita e in proprio, sarò sempre contro coloro che “banalizzeranno” questo rischio per un becero torna conto!
E mi sembra che nel nostro paese ce ne siano di buoni esempi, a cominciare da quei saccenti quotidiani che da una parte gridano al “bavaglio” dall’altra allungano le mani e si prendono grandi (in termini di zeri) contributi economici da parte dello Stato Censore!
Speak Out Folks!
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