mercoledì 17 febbraio 2010

Holidays in Haiti

...ci risiamo! Come al solito molti miei amici, non appena hanno saputo che sarei dovuto partire per Haiti, hanno comicniato a fare dell'ironia:"beato te che vai in vacanza ai caraibi", oppure più grevi "che culo!"...e non c'è motivo di aggiungere null'altro sulle battutine relative alle ballerine di Santo Domingo!...
Beh, la realtà è un pò differente: In Albania si dormiva sotto una tenda al freddo e docce disponibili solo una volta a settimana, in Kossovo "barricati" dentro la nostra casa/ufficio e soggetti a costanti tentativi di furto.
A dire il vero un paio anche riusciti e mi rubarono anche il passaporto [provate ad immaginare come ci si sente in un paese in guerra, dove tutti cercano di fuggire ovunque a vivere senza passaporto!]...in Sri Lanka mi sono preso un virus alimentare che mi ha fatto perdere 5 litri d'acqua in due giorni dopo aver avuto febbri "mistiche"...in Iraq dissenteria a gò-gò!
In Mauritania invece dissenteria e febbri tropicali varie....chissà, forse sarò "debolino", ma chi di voi pagherebbe per una vacanza ai caraibi in un resort così?

martedì 16 febbraio 2010

A night to the Airport...with the american

...dopo una settimana di "assestamento" si comincia a vivere il quotidiano dei Port-au Prince. Le attività iniziano all'alba e finiscono inevitabilmente al tramonto. all'inizio dell'imbrunire scatta una sorta di coprifuoco che gli americani amministrano in modo da poter consentire il solo traffico di convogli pesanti e super pesanti. In piena notte le vie da e per l'aereoporto sono un via vai di trucks e convogli sempre scortati da armatissime camionette blindate yankee.
Sopratutto è all'aereoporto che questa presenta diventa quasi invasione; per csarità americana, ma still invasion!
Ieri notte una bellissima JLo, armata sino a denti con un paio di occhiali antifortunistica gialli che si armonizzavano benissmo con un sottile filo di rossetto ocre, ci ha invitato - usando il profilo dell'arma - a non entrare in pista durente le operazioni di carico e scarico di un Cargo americano. Le uniformi sono sempre le stesse, i gradi icongrafici e ben disegnati in modo da ricordare il sergene della cavalleria rusticana, l'armatura massiva e presente e - sopratutto - in possesso di mezzi e risorse logistiche spettacolari! Solo questo per ricordare a noi resto-del-mondo who is in charge!
In questi giorni leggo e sento anche qui tra noi humanitarian workers commenti deòl tipo: "ma chi gli da ildiritto", oppure "chi si credono di essere" o anche "sempre a pensare alla guerra"...potrebbero anche essere vero, ma resta un fatto ineluttabile per noi europei: se gli americani avessero ragionato come noi "pretendiamo" ragionino ora, non saremmo ancora sotto il controllo della barbarie nazista/omunista?
...beh, non so voi, ma io preferisco il jazz con le "sue ballerine" alla tristezza dei canti ucraini o della fredda steppa!
[ per chi fà fatica a comprendere si suggerisce la visione di Salvate il soldato Ryan ]

mercoledì 10 febbraio 2010

Lets Boogie Haiti! [Report#1]

Dopo 14 ore di volo siamo atterrati ad Haiti.
Dopo una sosta alle Isole Azzore, siamo ora all'aereoporto di Port-au Prince.
L'aereoporto è in mano agli americani e di punto sembra di essere tornati ai tempi dell'Iraq. Rumori assordanti ed uniformi ci danno il benevenuto.
Il caldo fa il resto. Le 14 ore hanno lasciato il segno, siamo tutti un pò stanchi e storditi, e - sul modello Totò e Peppino a Milamo - vestiti con paile e giacche a vento.
Roma è distante, molto distante.
Una lunga fila di gipponi accoglie tutti i delegati; siamo poco pià di 120 ed ognuno rappresenta un'organizzazione umanitaria.
Il "grande Circo" degli aiuti è iniziato, let's boogie Haiti! Gabba-Gabba hey!

lunedì 8 febbraio 2010

I gotta go...to Haiti!

...solo poche righe per comunicarvi che, se possibile, questo mio personale blog proseguirà direttamente da Haiti. Per questioni connesse con la mia attività I gotta go to Haiti!
Be tuned!

sabato 6 febbraio 2010

Bukowski spacks again.

Dalla sua prima vita scorticata al suo successo letterario, la personalità unica e violenta di Charles Bukowski è arrivata viva ai giorni d’oggi attraverso il suo lavoro. A volte mitizzato in maniera eccessiva, l’opera di Bukwoski beneficia di un grande valore iconografico: vecchie fotografie in bianco e nero lo ritraggono in quella promiscuità tanto cara ai rockers e finti rebels. Molti i libri pubblicati in Italia [ anche se alcuni solo in modo parziale ], ma pochissime le testimonianze sonore, pochi CD, rari i reading. Nel 1993, l'anno prima di morire, questa icona della controcultura americana [ e quindi off mondiale ] ha registrato e pubblicato selezioni dal suo classico Run With The Hunted-The Session. Ora, per la prima volta questo materiale è disponibile, con delle integrazioni a quella sessione di registrazione e pubblicato in edizione speciale ed ampliata dai tipi della CaedMon Audio, incluse le conversazioni private tra Candida Bukowski, sua moglie, e il suo produttore. Per ogni fan di Charles Bukowski, queste registrazioni sono uno sguardo nell’intimo di in una mente brillante e selvaggia.

giovedì 4 febbraio 2010

A space trip with Joe Meek

Nell’empireo dei geni della produzione musicale un posticino riservato a Joe Meek ci sarà sempre. Ovviamente nel reparto visionari con disturbi della personalità, appena un gradino sotto gente del calibro di Brian Wilson e Phil Spector. In un’epoca in cui la produzione di un disco era ancora una faccenda riservata a tizi in giacca e cravatta e ingegneri del suono col camice da dottore, Joe Meek irrompe come un pazzo visionario intenzionato a portare la musica alla dimensione cosmica. Ricapitoliamo: la Londra dei primi anni sessanta sta ancora cercando di capire se il rock ‘n’ roll è una cometa destinata ad esaurirsi nel giro di qualche anno o se il music business è una cosa seria. In mezzo a dirigenti discografici grigi come bancari della city e a futuri geni del management impegnati a farsi strada in ogni modo, come il dandy geniale Andrew Loog Oldham, fa la sua comparsa un giovanotto proveniente dal Gloucestershire. Ciuffo di capelli sparato in aria, mento sporgente, occhi spiritati spesso coperti da occhiali da sole su montatura nera, questo ex operatore radar della Royal Air Force vuole dire la sua nel mondo dell’esplorazione sonora. Ha già la passione delle apparecchiature elettroniche e dell’espansione delle possibilità della musica. Anche se, in realtà, di musica ne sa ben poco (i musicisti saranno sempre impegnati a decifrare e trascrivere le sue intuzioni musicali fischiettate e canticchiate), ma conosce qualcos’altro: il legame tra il suono e il futuro. Ben prima che gente come i Beatles o i Pink Floyd inizi a portare la musica pop a contatto con la prospettiva psichedelica e che il Krautrock decida di esplorare le frontiere del cosmo, Meek cerca già di catturare l’essenza spaziale del suono. I singoli che produce sono pieni di strani brusii, oscillazioni elettroniche, pianoforti distorti, suoni attutiti come provenienti da un’altra dimensione. “I hear a new world” è il titolo di un suo concept album di musica dallo spazio profondo. È forse il primo a concepire lo studio di registrazione come una camera delle meraviglie per ottenere i suoni che gli attraversano la testa: in un’epoca ancora pretecnologica ricorre a trucchi stravaganti e geniali, come registrare le varie sezioni strumentali delle canzoni disponendo i musicisti in stanze separate o sui diversi piani della sua casa. Dopo aver centrato nel ‘61 un numero 1 nella hit parade con il country mortuario e spettrale di Johnny Remember me, prodotta nel mitico studio casalingo di 304 Holloway Road a Islington, nel ‘62 arriva il botto: Telstar, suonata dai Tornados. La canzone, ispirata dal primo satellite per le telecomunicazioni da poco lanciato in orbita, arriva al primo posto in Inghilterra e negli USA assemblando una melodia infantile da luna park allucinato, suoni elettronici venuti dallo spazio, rumorismi degni di Xenakis e un piglio simil rock. Telstar consegna Meek alla storia e chissà se sarebbe stato contento di sapere che quello “spatial tune” avrebbe trovato una fan accanita nella lady di ferro Margaret Thatcher (tra l’altro, nei Tornados suonava anche George Bellamy, padre del futuro leader dei Muse). Il lato oscuro di questo genio del suono era però fatto di paranoia e ossessioni per gli spiriti e l’occulto: tormentato dalla propria omosessualità Meek, comincia a vedere complotti e intercettazioni ovunque. Il suono e l’etere gli si rivoltano contro: teme che gli vogliano rubare il suo inimitabile sound e viene beccato in situazioni imbarazzanti con alcuni ragazzi. I suoi disturbi aumentano e la paranoia esplode: la mania per il mondo dei morti lo porta a fare sedute spiritiche per connettersi con Buddy Holly e a girare per i cimiteri di campagna pronto a registrare le voci dell’oltretomba (e a dialogare con gatti parlanti…). Il 3 febbraio 1967, nell’ottavo anniversario della morte di Holly, Joe Meek spara alla sua locataria e si fa saltare la testa con un colpo di fucile. Il genio paranoico parte per il viaggio definitivo nell’oltremondo cosmico, fra le stelle. Ancora oggi, quando ascoltate il rumore bianco che viene dallo spazio, fate attenzione: sentirete una melodia lontana, sognata tanti anni fa in uno studio di Londra da un certo Joe Meek.
[ source Internet, free cyber space ]

mercoledì 3 febbraio 2010

Circus Joy...not artist!

Uno psicodramma in musica, ma non solo. Il nuovo atteso lavoro dei Circus Joy è anche un modo, credo il migliore, per elaborare il lutto legato alla tragica scomparsa dell’amica poetessa/corista Letizia, dedicando ad essa il frutto di questo emozionante CD album. Ampia è la rosa dei musicisti che si sono uniti al canto di passione di Corrado Mancini [ è in preparazione una lunga intervista con quest'eroe de' Roma, front leader dei seminali Passion Flower e attivistà no-artista capitolino ], tra cui i chitarristi Spectre e Mario FOB, Steve Stroll (batteria), ClauDEDI (basso) e Yugin (theremin). “Laetitia” è una prova epidermica e viscerale al medesimo tempo, 40 minuti di ascolti vertiginosi che sanguinano rabbia e tensione evocativa, mentre crescono dentro come l’eco di un urlo divorante, lacerato tra ferale lirismo e sussurro profondo. Si parte alle tinte velvettiane di “Seta su seta”, dove le metriche gravitazionali della ballata elettrica modellano la prima magia odorosa di questo caleidoscopio di fiori e ortiche. Accattivante sin dal titolo, “Signora Europa” è un sussulto art-rock che corre sul filo spinato della suggestione pura. Diversamente oscure sono la sulfurea “L’alcova” e l’ainsophiana “Nudo e crudo”, estetica neopop e poesia nichilista di un “circo gioioso” che procede per simboli e antinomie esplose. “Il tuo frutto” è il grido di Munch che ghermisce ragione e sentimento, prima che il de profundis commosso di “Letizia” possa lenirci il dolore. Ancora deliri urlati e schizzi muriatici in “Come un angelo”, l’ennesimo strappo interiore che il sensuale giro armonico di “Meno di strano” e i lucori matrici di “An eccentric garden” non sono più in grado di ricucire.
[Recensione tratta da Rockerilla 15 dicembre-15 gennaio 2010 Circus Joy Laetitia Old Europa Cafe / Misty Circles Records ]


martedì 2 febbraio 2010

Mother Jones...has the power!

Nel 1901, alcuni lavoratori delle fabbriche di seta della Pennsylvania scesero in sciopero; molte dei quali erano giovani lavoratrici, spesso minorenni, che chiedevano di essere pagate con gli stessi salari degli adulti. Qualcosa che ai giorni d’oggi appare un assurdo, ma all’inizio del secolo invece pratica comune: i bambini a lavoro…chi ricorda i bambini del libro Cuore? John Mitchell, il presidente della UMWA, portò l’energia e la tenacia di Mother Jones nei mesi da febbraio a settembre per favorire l'unità tra i lavoratori nel lungo sciopero. Per fare ciò Mother Jones, incoraggio anche le mogli dei lavoratori ad organizzarsi in una vera e propria milizia, che a sua volta, partecipò a questa campagna d'adesione battendo tutti i giorni e in strada padelle di latta, e gridando di "aderire all'Unione!". Mother Jones, ritienne che queste donne avevano un ruolo importante nella società sia come nutrici di sani figli americani che forte supporto nelle famiglie dei lavoratori, ma - di contro - non avevano ancora un peso come compagne di lavoro. Nella storia americana la figura di Mother Jones identifica quella delle barricadera che nel nome dei diritti civili fondamentali ha combatutto battaglie che ancora oggi hanno fortemente rafforzato quele radici dei diritti civili americani che hanno prodotto frutti sani come il fenomeno Barak-Obama.
Non conosco forma migliore per alimentare queste battaglie se non quella di invitarvi a visitare il sito del Mother Jones Magazine [ http://motherjones.com/ ] e sottoscrivere un'abbonamento per supportare le loro battaglie civili, che benchè lontanissime del nostro paese sono battaglie civili che riguardano ( sicuramente "riguarderanno" ) al momento l'America, ma arriveranno - come onda lunga - anche da noi.

...non è stato sempre così?
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...