martedì 26 luglio 2011

Ancora Bolo'bolo, altro che bunga-bunga!

Bolo'bolo racconta di un'utopia, ma non è utopico, anzi. Propone una accattivante alternativa al capitalismo e ad una vita dominata dall'economia, presentando una serie di esperienze, di progetti di sovversione e soprattutto di costruzione, di nuovi percorsi, non attuabili con la politica e che non si basano su una teoria particolare, ma che si possono sviluppare solo con la contemporanea paralisi ed eliminazione del controllo della macchina-lavoro planetaria, la rappresentazione del dominio della merce e del lavoro. Il titolo si riferisce al bolo che è una comunità autonoma corrispondente alla unità antropologica di una tribù (300-500 individui), che è immaginata come l'unità sociale di base di una società ecologicamente sostenibile. Un massimo di cinquecento persone è un numero interessante, che si replica nella cultura umana come uno sciame di api in un alveare, è la dimensione di un villaggio, di una tribù, di una scuola ed è abbastanza piccolo da permettere a tutti di avere familiarità l'uno con l'altro. Il libro descrive un piano dettagliato per la trasformazione del mondo così come lo conosciamo, attraverso la riconfigurazione dell'organizzazione sociale in micro-unità che costituiscono la base materiale per la sopravvivenza degli individui associati e che sono caratterizzate ognuna da una propria peculiare cultura. Il nucleo di un bolo è la sua cultura interna, ed ogni bolo ne può avere una propria senza restrizioni, autoritarie o libertarie, formali o creative.
La parola bolo fa parte della lingua immaginaria del romanzo, l'asa'pili, che è composta da trenta parole che rappresentano i bisogni primari in tutti i bolo ed è quindi funzionale a permettere una comunicazione universale di base. P.M. nel libro dà una serie di linee guida per vivere nei bolo, chiamato sila in asa'pili, che non è tanto un insieme di norme ma una sorta di guida per navigare in un mondo senza soldi da dare e da prendere e senza polizia da evitare o su cui contare.
P.M. suggerisce che bolo'bolo inizia in quegli interstizi della macchina-lavoro planetaria che ancora sono basati sullo scambio volontario ed in cui operano individui interessati ad inserire sabbia negli ingranaggi della macchina, come la guardia che lascia di nascosto aperta la porta di una casa incustodita in modo che squatter amici possono occuparla, le persone che si fanno le vacanze e si costruiscono casa in luoghi lontani e sconosciuti e amano sperimentare la vera cultura dei luoghi piuttosto che i paesi con la facciata da Disneyland oppure i managers che spifferano ai reporters abominevoli segreti industriali...


[ testo preso dalla rete, free copyright]



lunedì 25 luglio 2011

27 e tutti vivi ( se non tutti, molti!)

In questi giorni si parla ( in modo un pò macabro!) del club dei 27, ovvero le pop-star che muoiono all'età di 27 anni, così come per la povera Amy Winehouse Detto che ci sono anche molti pop/punk/jazz/country e chi-ve-pare artisti che superano il club dei 27, cioè che campano più de'ventisette anni, in giro per la rete ho trovato questo bel sito...[*] have a look and enjoy!

Today is the 3-rd of July, a day when we may or may not remember Brian Jones of the Rolling Stones (R.I.P.). He was the first of the 27 Club… This club includes musicians who died at the age 27. He is considered to be the first influential musician who died at 27 (others may say Robert Johnson was the first one and I tend to agree with this). Morbid as it may be, this post is a rare treat, there are two members of the 27 Club playing for your pleasure: Brian Johnson and Jimi Hendrix, in 1968. I think this is one of the most interesing jam sessions I have ever heard, I believe it's going to melt your brains. Brian and Jimi composed a song, called My Little One and recorded together at Olympic Studios in London with Jimi's mates Chas Chandler and Eddie Kramer.
Please ejnoy without moderation.

Un pò anarchico, ma così poco artista!



Navigando un po’ nella rete usando come parole chiave “anarchia”, “arte”, “creatività” , ed anche in inglese, of course, mi sono imbattuto in una miriade di siti che benché non proprio anarchici, trovano nella qualità dell’idea la fonte d’ispirazione per il loro attivismo concreto ( libri, CD, pamphlet, poster a tant’altro). E tra questi uno in particolare mi ha incuriosito [ eccolo qui!]
L'anarchismo è fondato sul rispetto per la natura individuale. L'anarchismo è la linfa vitale della quale si nutre fisicamente l'individuo, ma anche politicamente, spiritualmente, mentalmente, e ne trova giovamento anche una sorta di creatività disincantata; ovvero non schiava del successo, ma vogliosa dell’eccesso. L'unico modo per l'anarchico di [ri]scoprire la sua identità è quello di sperimentare e di distinguere il suo proprio IO individualista all'interno del resto della società. E l’attrazione è la libertà finale, l’affrancarsi da ogni forma di condizionamento artistico/creativo basato su una qualsiasi forma di “consenso”. Sia di critica, che commerciale, che – non ultimo, e anzi molto pericoloso – quello degli intellettuali ruffiani e opportunistici, il consenso è l’elemento di verifica dal quale fuggire, e – di contro – esaltarsi nel disprezzo, nella derisione, nella non-comprensione, che non può non generare disprezzo, che l’anarchico si gratifica nel lavoro.
Certo, mentre mi è facile identificare nei giorni nostri soggetti liberi, dai CRASS alla nostrana Stella*nera, passando per le AK edizioni e le centinaia di blog attivisti presenti nella rete, più complesso è girarsi verso il passato e scansionare i comportanti di quegli artisti che in qualche modo si sono identificati, o forse più semplicemente riconosciuti, come anarchici
Come detto prima la rete ci fa un po’ giocare e vi lascio con questo link [ _ ] , anche se mi diverte pensare che il mio primo post fù dedicato ad un altro anarchico doc, come il vino.
In un mio lontano (nel tempo) viaggio in Inghilterra, erano gli anni ‘ottanta, mi imbattei in uno dei rari [allora] anarchic centre ed incontrai vecchi freack che avevano cambiato pelle, si erano anarchicizzati, domandai allora come fosse compatibile un’evoluzione così radicale. Cioè dell’attivismo degli anni ‘sessanta, al nichilismo proto-anarco-punk di quegli anni. E la risposta, forse involontaria, è ancora illuminante…mi disse be anarchic means don’t waste your time looking behind you, just keep going forward!
…più o meno…sempre avanti! Non so se il Buddah dimorò nei capelli pieni di forfora di quel freack, ma il messaggio mi apparve illuminante…e, hai visto mai, funzionasse ancora?

martedì 19 luglio 2011

Giorgione Vs Joe Pettini 1 - 1

Questo magnifico reperto musicale targato G. & M. De Angelis e’ il tema d’apertura de “L’Arbitro” fantastica ed irresistibile parabola-farsa sugli usi, abusi e implicazioni del Potere (in questo caso l’arbitro interpretato dal sempre fantastico Lando Buzzanca), diretta da quel Luigi Filippo D’Amico che già aveva girato nel ‘69 un altro indimenticabile film d’ambientazione calcistica: "Il Presidente del Borgorosso Football Club".
Piu’ che il film, mi preme parlare della canzone in questione interpretata, se mi passate il termine, da Giorgio “Giorgione” Chinaglia che prova a gorgogliare qualcosa in uno stentato inglese. La canzone trasuda Oliver Onions da tutti i pori e sarebbe potuta essere la sorella minore di "dune buggy" (vai qui per leggere il post a lei dedicato) per quelle sonorita' cosi' 70s (bhe' effettivamente erano gli anni 70!) ed il ritornello molto catchy, se non fosse per l'interprete che pare far di tutto per deturpare il pezzo, che comunque e' assolutamente fantastico ed uno dei migliori della coppia di autori sopra citatati! Un must non solo per i piu’ accaniti tifosi laziali.
...certo non è punk, ma l'attitudine di Chinaglia, la sua parabola umana - e nonostante i suoi successi con la SS Lazio, i Cosmos e la notorietà calcistica - è molto da looser. Vince lo scudetto con la SS Lazio e l'anno dopo non può giocare la Coppa dei Campioni, poichè la squadra laziale è squalificata dalle competizioni europee per una rissa con una squadra ( mi sembra scozzese) negli spogliatoi dell'olimpico. La morte di Re Cecconi, la presidenza della Lazio e la retrocessione in serie B, sino all'attuale condanna in contumacia.
Decisamente a looser, but what a champ!
Sono un lupacchiotto, ma ho sempre provato simpatia per giocatori come Chinaglia, Graziani e - non è un caso - che sono un idolo di Joe Jordan, lo squalo!
Se dovessi paragonare il gioco di certi centravanti come Jordan, direi che il loro è uno stile molto Ramones, one.two-three...goals!
Gabba-gabba-hey Joe...lets score one more!

lunedì 18 luglio 2011

A "moved" life of Soldier Boy



Soldier boy is back again! Still alive…e a casa! Dopo altre quattro settimane in giro si rientra in “servizio”…ed anche il blog deve ricominciare a camminare. In un mese sono (sicuramente) successe tante cose, ma, aimè, sono stato senza giornali e tv per più di tre settimane e mi ritrovo [quasi] vergine davanti allo schermo. Niente di male, anzi. Queste missioni mi confermano sempre più che un’altra visione del mondo è possibile e ri-instradarsi in percorsi minimalisti, bucolici un po’ anche poetici non è poi così male.
Cosa voglio dire? Semplice. In quasi un mese a Lampedusa ho scoperto come la sindrome della piccola isola, ovvero uno spazio per sua natura piccolo e minimo, possa sviluppare quella innata capacità che hanno gli esseri umani di estendere il proprio spazio percezionale ben oltre i limiti geografici e territoriali che la natura gli impone. Mi è facile citare – ma per rendere l’idea – gli oceanici viaggi di Salgari, di Joyce e di Robert E.Howard, i quali senza mai muoversi, hanno fatto viaggiare i loro, ma anche i nostri, pensieri in terre lontane ed immaginarie.
…un po’ troppo introspettivo? Forse, ma – nonostante il mio rientro a Roma mi abbia fatto incontrare ancora le persone a me care -, sento un po’ la mancanza del mio tempo agreste e pastorale vissuto sull’isola.
Cosa mi ha fatto compagnia? Molte letture e molta [buona] musica e per adesso ne accenno solo ad un paio, nell’attesa di una mia prossima hit-list! Se vi capita tra le mani [ senza spendere cifre folli] acquistatelo: l inimalismo dei Swan Dive [Until] è stato decisamente eccellente nei pomeriggi lampedusani. Un duo a metà tra il Nashiville sound e la bossa degli anni settanta. Un mix audace come “forma” ma efficace come risultato. Come detto minino e minimalista. Così come rileggere ( ancora una volta) The Abortion, novella anch’essa essenzialista nella forma, ma anche nella rough english grammer, di Richard Brautigan è stata una piacevole esperienza ed un godevole esercizio di letteura in lingua originale.
…certo cosa manca? Musica, letture, buon vino e godibilissimo pesce; sembra più una vacanza che una missione umanitaria (…mmm…interessante pensiero per una futura pubblicazione), forse, ma se penso che in circa tre settimane avrò dormito si e no cinque o sei notti nel letto ed il resto nelle brandine della Postazione Medica Avanzata dislocata sul porto commerciale di Lampedusa, per me non lo è stata di certo.
Ma come si dice, il vero magus agisce in silenzio!
Keep on, Keepin on…e ben ritrovati!
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