martedì 23 aprile 2013

Rocco, DJ Ringo e la (nostre/vostra) RIvoluzione


Take it easy folk! Non è pubblicità, né una marchetta “commerciale”, ma questo CD dell’amico Rocca, DJ Ringo è qualcosa di…really Punk!!
Conosco Rocco da i tempi di una missione ad Haiti, lui fù sponsor dell’iniziativa Rock 4 Haiti e si presento a Pourt-Au-Prince con una maglietta nera con il logo dei Ramones…e fu subito amore! What a fuc*!!! Volevo dire subito affinità. Cominciammo a parlare dei Clash, dei Sex Pistolos per finire ai Negazione di Torino e i Raw Power di Milano.
Negli ultimi anni, con l’esposione delle belle riviste patinate, come Rolling Stones o Rock tutti – un po’ più un po meno – ciancicano di punk…senza esserlo e senza esserli stati. Rocco c’era, era a Milano nei giorni del Virus ( Leggere su "Costretti a Sanguinare ndr ) a Los Angeles ai tempi dei Bad Brains e ora back-home per condividere, con voi mortali, perché la cosa non mi riguarda, io sono PUNK, il Verbo della rivoluzione!
Tre CD pieni di Sigue Sigue Sputnik, con Love Missile F111, o i The Cramps, Goo Goo Muck e la splendida cow-punk A Thousand Miles from Nowhere di Dwight Yoakam, sono la prova provata che il DJ è punk…e se non ci credete…che se ne frega!
Gabba Rocco!!! Hey, oh…let’s go!!

sabato 20 aprile 2013

La mia grammatica, i miei pensieri, William Burroughs e il Cut Up nel nuovo millennio.


Breve nota per i miei pochi lettori, ma in costante e vertiginoso aumento, sulla mia “tecnica di scrittura” e su alcuni strafalcioni grammaticali:
Questo è un blog, NON è una rivista, forse una Digital-Fanzine, ma certamente non ha né un correttore di bozze né un revisore finale di testo.
Quello che scrivo è un one-shot. Ovvero NON lo ricorreggo MAI. Esce così e così la rete se lo tiene. Il pensiero, elaborato in pochi minuti è la strutturizzazione di un intuizione, poi passo alle parole e alla forma prosa, NON poesia. E se il messaggio ( struttura dell’intuizione ndr) arriva, bene. Altrimenti ho fatto “casino” io!!
Non bisogna essere degli intellettuali di sinistra, né bocconiani d’assalto per dirvi che mi ispiro al Cut Up di William Burroughs e Bryan Gysin…inutile citare anche Genesis P.Orridge e Vittore Barone.

giovedì 18 aprile 2013

The [missed] Revolutionary Age


Quando scrivo questo post non so ancora chi sarà il mio prossimo Presidente della Repubblica. A dire il vero nessuno dei candidati mi entusiasma come forma di rappresentanza. Sarà anche una questione di età, non sono così vecchio! Però, come da sempre accade nel nostro paese, la massima carica dell'Istituzione Italia è essa stessa rappresentativa molto del Parlamento ( quindi dei partiti ) e un po’ meno degli italiani. Ma tant’è è da sempre così.
L’unica nota stonata, in un concerto già di per se noioso e stucchevole, è l’atteggiamento barricadiero-a-tutti-i-costi della grottesca pattuglia di grillini. Dopo essere stati la sorpresa (anche per loro! ) delle recenti elezioni non riescono in nessun modo ora a rendere concreto il notevole ( in termini di numeri ) mandato vendicativo che la società civile – la gente comune – ha a loro affidato nei confronti dell’odiata Casta. Anzi, giorno dopo giorno, sia gli eletti ma più gli elettori, ci si rende conto che promettere e poi non mantenere, li avvicina più ai leaders del PDL e PDmenoelle di quanto pensassero. Ed il continuo ed infruttuoso ringhiare alla luna del loro capo virtuale si sta sempre più trasformando nell’abbaiare del pigro cane del cortile.
Faccio fatica ad immaginare che un cambiamento epocale, soprattutto indolore, ma dannatamente necessario, possa passare per le idee e le capacità di Mr.Crimi and Miss Lombardi, the Movement Five stars Pop-duo. Ho una visione della politica radical un po’ più diversa. Movimentista sicuramente, ma movimentismo vero, rappresentativo e non polical-orientated e non le pagliacciate del senonoraquando, il popoloviola o l’agenda rossa, non nel parlamento e come ringhiosi cani da guardia nei confronti di quei (pochi) soggetti politici che violano costantemente i diritti civili di tutti. The Black Party, Do-it-by-Yourself Movement, ogni gruppo contro-culturale come il recente occupy, ma anche Timothy Leary, Lenny Bruce, Pier Paolo Pasolini non sarebbero mai – per scelta- finiti a fare i rivoluzionari "parlamentari2.
O sei il re o l’anarchico Bresci che ammazza il re.
Questa è la rivoluzione. Non vedo nessun proto-Che Guevara tra i grillini, già tutti giacca&cravatta e tutti benefit.
Non cosa succederà tra poche ora, ma so cosa non succederà a breve. Ecco alcune previsioni.
Il M5S non farà mai cadere questo Governo ( ancora in nuce). Alcuni di loro, per non perdere il lauto mensile, si staccheranno e confluiranno nel Gruppo Misto in Parlamento. Appoggeranno sempre l’esecutivo in charge, possibilmente di sinistra, per estendere il più a lungo possibile la loro (ben remunerata) esperienza parlamentare.
Non riusciranno, M5S compreso, a ridurre, più di quanto non sia già ridotto ora, il contributo economico ai partiti, né a ridurre gli stipendi dei parlamentari. Ma riuscite ad immaginare mamma e figlio grillino ( a proposito e come la mettiamo con i noiosi attacchi a Fassino e alla moglie parlamentari? Già dimenticato? ) che votano per la loro riduzione dello stipendio? Naaaaaa…
Non riusciranno a ridurre, non dico eliminare, ma almeno ridurre e rimodulare il contributo all’editoria.
Non riusciranno ad eliminare i boiardi della politica nelle Amministrate pubbliche, né i doppi o tripli incarichi per i più fortunati.
Dopo Porta a Porta, ci sono ancora Ballarò, Fazio, la bella Gruber e chissà quante altre belle occasioni per ostentare i graziosi orecchini e la nuova montatura della Lombardi o le illuminate opinioni, maldestramente suggerite, del Crimi di turno.
Non so molte cose, ma quello che so è che dopo ogni aspettativa delusa è storicamente provato che – un po’ sul modello del pendolo – la massa si riaffidi al vecchio padrone. Che sarà sicuramente comprensivo e soprattutto, non vendicativo!
Keep on, keepin’ on!!

martedì 16 aprile 2013

Da una Repubblica ad un'altra! Be carefull my friend


Nonostante i miei sforzi ed il mio committment con i miei lettori ( Wowowow! Che boom!), non riesco a rispettare l’impegno di un post al giorno. Me ne rammarico, ma non sempre è facile avere il tempo e l’ispirazione per non scrivere qualcosa di banale. Non sono il Vate di Viale Marconi, ma mi sforzo di condividere idee, suggerimenti, iniziative che, anche se di “nicchia”, ritengo valga la pena buttare nel mare della rete! Poi, se diventerò l’antitesi di beppegrillo.it o no…vedremo! Hahhaha…
Però una preoccupazione, in questi giorni di becera politica,  anzi partitismo, inteso come interesse di parte e non elaborazione di un’idea politica da elaborare per la Società civile, mi attanaglia.
Mi riferisco alla complessa, ma per me “pericolosa” e vi spiego perché, fase che stiamo vivendo per la nomina del Presidente della Repubblica. Il mio, il tuo, il vostro Presidente della mia, della tua, della vostra Repubblica.
Non sono un Costituzionalista, ce ne sono già molti in televisione, ma so leggere e scrivere e mi rifaccio all’articolo 87, del Titolo II della Costituzione Italiana: Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale. E’ già realisticamente difficile immaginare un qualsiasi percorso unitario in questi giorni di feroce partigianeria partitica, ma il prossimo Presidente della Repubblica, deve – ribadisco – deve essere di tutti. Siamo in una fase storica complicata e pericolosa. In un quadro anti-tutto, ovvero Grillini anti, Destra anti, Sinistra anti, una forzatura sul comune arbitro ci porterà, inevitabilmente, verso una seconda fase di fascistizzazione del Parlamento. Cosa voglio dire? Semplice! Destrutturiamo il concetto.
Il Precedente Governo Prodi, forzando la Costituzione, in un percorso “di parte” sui temi delle competenze regionali, con i pochi voti della sua maggioranza politica, aveva – ed ha – di fatto aperto al concetto dell’emendamento costituzionale di parte. Ovviamente i seguenti Governi politici hanno seguito questa strada, con tutte le conseguenza del caso ( frequente e strumentale ricorso alla Consulta, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale). Ora, se per sbaglio, l’area cosi detta di Sinistra, in un’ottica anti-Berlusconiana, più dettata dagli “sponsor” opinion-politici ( Repubblica, Santorini, Grillismo e anti-Silvio a go-go!) che da ragioni di pragmatismo statale e correttezza costituzionale, dovesse votare a forza un Presidente della Repubblica, che rappresenti più l’orientamento della (loro) politica stessa e meno l’esigenza di unità del nostro Paese, in questi giorni fortemente in pericolo, sarebbe l’inizio della fine.
I Governi - ed il loro orientamento politico – cambiano. Una forzatura a sinistra genererà inevitabilmente un reazione forzata a destra e d il prossimo Presidente della Repubblica sarà di destre. E se poi – per sbaglio, ma non credo – nei prossimi anni dovessero crescere quei movimenti anti-europei, nazionalisti e conservatori, non mi stupirei se la decisione di questi giorni, Presidente non super partes, consegnerà ai nostri figli un prossimo Presidente della Repubblica fascista orientated.

Be careful my friend!

giovedì 11 aprile 2013

Buon compleanno Anteo! Candele [nere] per la tua festa!!


Oggi è il compleanno del bambino Anteo Zamboni, che 86 anni fa veniva assassinato. Anche se la storia di allora parlò di giustizia sommaria Su questo bambino morto a Bologna nei primi anni del fascismo si sa molto poco. Si sa come è morto, ma non si sa perché. Si sa moltissimo di suo padre, delle sue conoscenze “potenti”, della Bologna di allora e si sa qualcosa persino sugli intrighi più neri nel nero dei battibecchi familiari tra il fascismo agrario padano - tutto muscoli e virilità - e quello "normalizzatore" delle istituzioni. Ma di lui non si sa quasi nulla, e questo perché Anteo era, appunto, un bambino, un essere umano che ancora non aveva avuto tempo di lasciare una grande traccia di sé.
In internet, su questa storia triste del nostro paese, si trova molto sotto la ricerca Zamboni ed è importante, come sempre, non dimenticare. Però – come sempre più spesso accade – saranno i media a celebrare, con il consenso della classe politica e partitistica italiana, i proprio miti ed eroi. A seconda dell’interesse e della necessità del momento, saranno sempre i partigiani e le vittime delle barbarie comuniste a trovare spazio in televisione. Oggi, del compleanno del bambino Anteo, non ne parlerà nessuno. Sarà perché identificato come anarchico?
…ma può un bambino di 15 anni essere anarchico? What a fuc*!
Per quel che mi riguarda, buon compleanno Anteo! Una torta e una sola candelina, anche se nera, ci sarà sempre per illuminare il tuo birthday party!
Leggere qui/:/
http://marteau7927.wordpress.com/2012/10/31/anteo-zamboni-11-aprile-1911-31-ottobre-1926/
http://storiedimenticate.wordpress.com/2012/10/31/anteo-zamboni/
http://chiara-di-notte.blogspot.it/2009/12/la-vera-storia-di-anteo-zamboni.html#axzz2Q8q4iFHz
http://www.veneriocattani.it/cronaca.htm

Mi scuso con i ( pochi, ma sempre più in aumento ) lettori del blog per l'immagine cruenta. Ma, nel giorno del suo compleanno, Anteo ci ricorda che nessuno, per nessun motivo e per nessun fanatismo che degenra in odio, dovrebbe mai finire i proprio giorni - ancorhé bambino - adagiato su una sedia, martoriato da calci e pugni. Ucciso.
Love and Respect! Buon compleanno Anteo!
 


mercoledì 10 aprile 2013

Gee Vaucher and Patti Smith ( a volte Roma non è poi così distante da NYC )

Nata nella east London, the wild-one are, Gee Vaucher è diventata famosa come membro astratto dell’Anarco-punk-Band dei CRASS. Le sue copertine, oramai diffuse e riprodotte in tutto il mondo, hanno accompagnato quella mancata rivoluzione civile che l’intero movimento punk inglese involontariamente aveva innescato. Attraverso una tecnica mista di collage, pinting e banalazzizzazione dell’iconografia del quotidiano, Vaucher era riuscita, nonostante i tempi, a shockare la comunità borghese della perfida Albione.
Anche per lei, dopo lo scioglimento dei CRASS, è iniziato un percorso intimistico che la sta portando in aree e dimensioni meno ribellistiche, ma non per questo, meno emotivamente coinvolgenti. Recentemente a San Francisco, nel quadro di un esibizione congiunto con l’altro grande maestro della Punk iconography Winston Smith, è stato possibile visionare quale nuovi messaggi una vecchia voglia condividere con noi…imborghesiti punk! Date un occhiata questi link. C’è ancora tanta sana voglia di farci guerdare e detestare. Let’s punk your time…
Invece, poche righe, per segnalare ai pochi lettori ( però che sorpresa, un ritorno con il botto!!! ) questa tre-giorni-tre con Patti Smith a Roma. Qui segue dalla presentazione dell’Ufficio stampa dell’Auditorium di Roma: My Festival è il più importante progetto speciale in ambito musicale varato dalla Fondazione Musica per Roma in occasione del decennale dell’Auditorium di Roma: il nuovo format è “firmato” da Patti Smith che curerà la “regia” di diversi giorni di programmazione. Naturalmente è prevista la partecipazione in prima persona dell’artista americana cui è affidata l’intera rassegna, a partire dal concerto-capolavoro “Horses”, che ripercorre le tracce dell’album epocale del ’75. Inoltre la sua partecipazione è al centro del progetto “The Smith Family”, a fianco di Jackson Smith e Jesse Smith, con la partecipazione di Tony Shanahan.Tra gli appuntamenti interdisciplinari una serata dedicata al grande poeta e amico Allen Ginsberg con la partecipazione di Philip Glass, Lenny Kaye, Jesse Smith e, naturalmente, Patti Smith. Insomma, a volte, l’America non è poi cos’ lontana!
 

martedì 9 aprile 2013

The day that Margaret Thatcher dies...ovvero l'altro ieri folk!

Ieri tutti i giornali del mondo hanno riportato la notizia della scomparsa di Margareth Thatcher. Sicuramente uno dei leader politici più rilevanti del secolo scorso, insieme al dirimpettaio Ronald Reagan, ha rappresentato, per un’intera decade, la figura dell’autorità Governativa ed è diventata, suo malgrado, l’icona del  liberismo sfrenato "contro" lo Stato sociale. Le sue politiche, come quelle di Reagan, di alleggerimento della presenza dello Stato in Inghilterra, a favore della cosidetta libera iniziativa, sono state percepite per anni come repressive. Non è stato così ovviamente, ma la sua natura di grande statista ( che può piacere o no ) ha orientato la vita quotidiana di generazioni di inglesi per decenni, senza che – in nessun modo – le libertà individuali fossero minimamente compromesse.
E’ un po’ la storia di sempre. Si accusano Thatcher & Reagan e Co. di essere stati fascisti e si dimentica che è sotto i loro regimi liberissimi che fenomeni di libertà individuali, come per esempio il punk stesso, sono esplosi. Più è autoritario il regime e meno dissenso sarà disponibile. Chi sa dirmi i nomi di qualche gruppo punk sovietico? Eppure i regimi comunisti sono sempre stati presentati come “liberi”. Oppure movimenti libertari a Cuba? Nulla. Dalla Corea del Nord o dalla Birmania non v’è traccia di opinioni. La Cina? Forget about.
Insomma tutto quel mondo left orientated europeo ha per anni aggredito i cattivissimi Thatcher & Reagan e Co. dimenticando – con coscienza e molta ipocrisia – realtà molto più greve e repressive. Ma comuniste. Ovviamente i molti anni passati hanno addolcito le critiche verso le politiche della Lady di Ferro e adesso tutti i giornali si scatenano nel portarla nella loro area di competenza. Ridicoli! Fuc*!
Io rimango fedele ai miei anni e mi rimetto a palla la canzone di Pete Wilye, The day that Margaret Thatcher dies. Solo per la cronaca, chi scrive, è stato una vittima delle politiche della Thatcher. Quando andai a Londra, meno che vent’enne, pensavo di campare, come tutti gli italiane, sulle spalle dei perfidi inglesi. Attraverso un meccanismo di complicità tra compatrioti, dopo poche settimane di lavoro regolare, una volta licenziati, si poteva pensare di vivere con un sussidio di disoccupazione decente. Il Modulo da compilare era il famoso UB40 e non appena in charge, una delle prime forme di assistenza che la Lady di ferro cambio fù il sussidio. Niente più tutti a tutti. Mi toccò lavorare per campare!
…e se ci pensate bene non è quello che sempre più italiani chiedono ai nostri politici in relazione alle politiche di assistenza per gli stranieri? Si, la Thatcher fù una grande statista e l’Europa intera ne sente la mancanza.
Navigando per la rete alla ricerca di “vecchi ricordi inglesi” mi sono imbattuto su questo blog, www. louderthanwar.com e su un post eccitantissimo: Top 13 anti Margaret Thatcher songs. E’ innegabile che il fenomeno Thatcher generò, negli anni ottanta, un forte conflitto culturale, ideologico e sociale, però – e questa ne è la prova – non fu mai represso e questo nel pieno rispetto dei diritti e dei doveri che la responsabilità di una sacra libertà individuale porta con se.
Ecco , in sintesi, le tredici canzoni. Bhè, ci crederete. Ho otto singoli su dieci di queste protest song! Che fossi un left radical e non me ne sia mai accorto? 
Navigando per la rete alla ricerca di “vecchi ricordi inglesi” mi sono imbattuto su questo blog, www. louderthanwar.com e su un post eccitantissimo: Top 13 anti Margaret Thatcher songs. E’ innegabile che il fenomeno Thatcher generò, negli anni ottanta, un forte conflitto culturale, ideologico e sociale, però – e questa ne è la prova – non fu mai represso e questo nel pieno rispetto dei diritti e dei doveri che la responsabilità di una sacra libertà individuale porta con se.
Ecco , in sintesi, le tredici canzoni. Bhè, ci crederete. Ho otto singoli su dieci di queste protest song! Che fossi un left radical e non me ne sia mai accorto?

Enjoy i primi quattro e la lista completa, compresi i video è disponibile QUI
1.CRASS: How Does It Feel To Be The Mother Of A Thousand Dead?
( Bellissimo singolo, bellissima copertina apribile in un nero tetro e grande relatà Punk di sempre!)
2. Robert Wyatt: Shipbuilding
( Canzone noiosa, troppo british nelle parole, ma la storia di Wyatt merita rispetto)
3. Billy Bragg: Between The Wars
( Quando il Socialimo, quello con la S maiuscola rischiò di diventare il vero nemico del fenomeno Thatcher. Un’occasione persa allora. Oggi improponibile)
4. The The: Heartland
( Anche qui un pezzo molto caro agli inglesi, un po’ meno a noi latini)

lunedì 8 aprile 2013

Calcio e dittatura/Quel gol a porta vuota

Oggi è giornata di derby (Calcistico) a Roma. Nonostante quasi cento giorni di (involontaria) anarchia istituzionale, ovvero senza Governo da cinquanta giorni, che, se sommati ai quarantacinque della competizione elettorale, arrivano appunto a cento, l’interesse per il derby romano, ma il calcio in generale,  stordisce un po’ noi cittadini modello e ci distrae dal fatto di [non] sentirci ostaggi-carne-da-macello in questi giorni di “forte” dibattito elettorale.
Mi alleo a desta e vengo percepito a sinistra come uno di destra, con tendenze progressiste o rimango fedele alla mia linea di sinistra e cercao nella sinistra post-comunista, ma movimentista e giustizialista una coerenza con la mia voglia di sinistra? Ma che caz** devo fare? Questo, più o meno, la qualità della nostra dirigenza politica – a destra come a sinistra.
Però, e per fortuna, come si dice il Buddah dimora nei petali di un fiora, ma anche tra i fogli di una rivista è sull’ultimo numero di Rivista Anarchica che una lettera di un lettore mi ha incuriosito. Il tema? Un gol fantasma in una partita di calcio fantasma.
Ecco qua sotto il testo della lettera e buona lettura e…

Cara Redazione,
ho letto con piacere i recenti articoli “a tema calcistico” di Giovanni Cerutti e Angelo Pagliaro e ho pensato di sottoporre all'attenzione dei lettori di “A” un episodio storico ma non sufficientemente ricordato.
Santiago del Cile, settembre 1973. La giunta militare del generale Pinochet con un golpe (e la complicità degli Stati Uniti) prende il potere e il presidente Salvator Allende si suicida per non consegnarsi vivo ai soldati che stanno occupando il palazzo governativo della Moneda. Nell'ultimo appello dato al suo popolo per radio, Allende aveva annunciato: “Ho fiducia nel Cile e nel suo destino [...] Non dubitate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passa l'uomo libero per costruire una società migliore”. Con Pinochet capo di stato, inizia subito una caccia spietata a tutti gli oppositori del regime, e in poche settimane lo stadio della capitale cilena si trasforma in una sorta di lager dove vengono rinchiusi un migliaio di dissidenti e gli spogliatoi diventano camere di tortura e fucilazione.
Il 21 novembre dello stesso anno, all'Estadio Nacional è previsto il ritorno del match – valido per la qualificazione ai mondiali di Germania del 1974 – Cile-Urss (0-0 il risultato dell'andata). Per l'importante evento sportivo le autorità militari si affrettano a trasferire dagli spalti ad altri “luoghi della morte” tutti i prigionieri, ma la Federazione calcio dell'Urss comunica che la propria nazionale non disputerà nessuna partita in un campo-prigione di dissidenti politici. Le autorità sportive e governative cilene invece vogliono che la loro squadra sia in campo, e nel più importante impianto calcistico del paese, anche per dare un segnale rassicurante al mondo. E così, quel giorno di novembre del 1973 all'Estadio Nacional di Santiago, davanti a circa ventimila spettatori, si consuma una delle pagine più grottesche della storia del calcio: il Cile si gioca la qualificazione al mondiale senza avere di fronte avversari. Quando l'arbitro (austriaco) fischia l'inizio, si avverte una strana atmosfera, poi la roja allenata da Luis Alamos appronta dei brevi scambi in avanti finché la palla giunge a Carlos Humberto Caszely. Il centravanti del Colo-Colo (la Juventus cilena di cui era tifoso il poeta Pablo Neruda) è tentato di gettare la sfera oltre la linea laterale in segno di protesta al regime fascista e alla pantomima a cui stava dando il suo contributo da protagonista, ma non trova il coraggio e appoggia la palla al capitano Valdés, il quale si spinge in avanti, per poi arrivare a mettere il sigillo al più fesso dei gol segnati a porta sguarnita. La partita Cile contro nessuno è durata meno di due minuti. Ai sudamericani la Fifa dà la vittoria a tavolino per 2-0 e ignominiosamente stringono in pugno la qualificazione per Monaco '74. Messo a segno il gol-farsa, Valdés si rifiuta di giocare “l'amichevole di ripiego” coi brasiliani del Santos (batteranno i cileni per 5-0) e scappa negli spogliatoi dove si chiude nel bagno e vomita tutta la vergogna che si sente addosso. Vent'anni dopo Francisco Valdés ha ancora la coscienza in subbuglio: decide di mettere nero su bianco e scrivere una lettera indirizzata (simbolicamente) a Pablo Neruda. Scrive, tra l'altro: “Querido Don Pablo [...] Pochi istanti prima di andare in campo, venne il presidente della federazione cilena. Mi disse: 'Francisco, il gol lo devi segnare tu'. Mi sentii crollare il mondo addosso, schiacciato da una responsabilità che non avrei voluto sopportare. Ma non ebbi la forza di rifiutare. Stavo diventando il personaggio chiave di una farsa che avrebbe fatto il giro del mondo, me ne rendevo perfettamente conto, stavo diventando un simbolo non solo sportivo ma anche politico. Sì, perché quella partita era soprattutto politica: il regime di Pinochet voleva dimostrare la sua forza al mondo, il quale condannava la sua violenza. Ed io ero stato scelto per un gioco più grande di me.”

http://www.indiscreto.info/2011/04/la-partita-fantasma-di-pinochet.html

venerdì 5 aprile 2013

Del Sufi moderno e del nomadismo psichico [Diario iraniano pt.1]




O amore simile al tempio di fuoco! Tu che hai indossato una forma e un corpo, Tu che hai saccheggiato la carovana del cuore, donaci un istante di pace. E’ nel fuoco e nell’ardore che scorre la mia notte, fino all’alba. O gloria e fortuna mia! Per il viso del sole luminoso io giro intorno al suo volto simile alla luna brillante, e saluto, senza proferire parola.
Rumi, Diwan Shams Tabrizi

Che il sufismo rappresenti una visione rivoluzionaria dell’Islam fu chiaro sin dall’VIII secolo d.c., quando il misticismo musulmano, come quello incarnato da Mansur al-Hallaj, dichiarava che non era importante recarsi alla Mecca o compiere tutte le liturgie prescritte per essere un buon musulmano e trovare Dio, perché Dio si trovava nel cuore di ogni fedele. Con la frase ana’l haqq, “io sono la verità”, il pensiero sufi sovvertiva l’ordine e l’autorità costituita, liberando così i musulmani da qualsiasi figura mediatrice tra il divino e l’umano e soprattutto apriva la possibilità per il fedele di potersi unire a Dio divenendo tutt’uno con Esso.
In Iran, prima della rivoluzione islamica del 1979, coloro che si dichiaravano musulmani sufi erano circa 100.000; oggi, a distanza di trent’anni, sono divenuti quasi 5 milioni. Il fatto che proprio il sufismo abbia subito un’impennata nella sua popolarità durante il governo dell’unica repubblica islamica al mondo e che soprattutto sia divenuto popolare presso i più giovani e le donne è certamente indicativo; gli anni che hanno seguito la rivoluzione iraniana furono caratterizzati dalla rigidità nella pratica religiosa ortodossa e nell’istituzionalizzazione di questa: basti pensare all’obbligo di urlare Allahu Akbar! (Dio è grande) dai tetti delle case in determinate ricorrenze, così come l’obbligo di velarsi, di mantenere separate le sfere d’interazione tra i sessi ecc.
Lo spazio pubblico, immediatamente dopo la rivoluzione, fu dominato dal colore nero e dalla rigidità nell’applicazione del controllo sulla moralità, soprattutto quella femminile: nero era il colore dei lunghi chador indossati dalle guardiane della rivoluzione, così come nero era il colore delle bandiere che avvolgevano i corpi dei giovanissimi martiri iraniani nella guerra contro l’Iraq. Furono proibiti la musica e il canto, le feste, e furono censurati i prodotti che arrivavano dall’Occidente, influenzando con queste scelte soprattutto i giovani iraniani. La religione, divenuta strumento di governo, divenne dunque aliena alla vita spirituale del popolo, che andò cercando alternative all’Islam politico dell’Ayatollah Khomeini.
L’Iran è ( ancora ndr ) oggi il paese con il maggior numero di sufi di tutto il Medio Oriente: viaggiando attraverso i villaggi, fuori dalle grandi città, è possibile incontrare gruppi di donne sufi che come i dervisci, nonostante sia ancora oggi proibito, danzano e cantano per le strade fino a raggiungere una sorta di trance; i loro veli sono bianchi, i loro abiti leggeri. Le donne derviscio spesso diventano i punti di riferimento dell’intera comunità, acquisendo importanza non soltanto dal punto di vista spirituale, ma divenendo delle vere e proprie autorità locali, a dispetto di leggi governative discriminatorie nei loro confronti. Nelle grandi città iraniane il sufismo è espresso nei salotti della borghesia media urbana; riuniti per suonare gli strumenti tradizionali come il ney, il liuto, il tar, uomini e donne, ma soprattutto giovani, danzano e cantano, riprendendo le poesie del poeta Rumi e cercando il contatto diretto con il divino. Per i giovani il sufismo sembra essere uno strumento per rimanere musulmani e al contempo prendere le distanze dall’Islam politico e di stato; per alcune donne l’essere sufi significa ritrovare un’autenticità culturale “persiana” libera, da un lato, dalle restrizioni dell’ortodossia al governo e, dall’altro, dall’influenza culturale occidentale.
Se per i sufi le religioni - come diceva anche Hallaj - “sono ramificazioni di un Principio Unico”, la riproposta del sufismo nell’Iran del presente rientra perfettamente in quel filone di “riproposta della tradizione” che ha investito buona parte del mondo moderno; esso infatti si serve della tradizione come garante di autenticità, proponendo al contempo un modello culturale totalmente nuovo e pienamente inserito nel sistema-mondo di cui l’Iran fa parte: contrariamente all’accusa di fondamentalismo e di chiusura di cui la nazione iraniana è stata tacciata sulla scia di una più vasta accusa a tutto il mondo musulmano, la versione sufi dell’Islam in questi anni sembra invece ribadire un messaggio di apertura, pace e fratellanza tra le religioni che ha origine proprio all’interno dell’Islam stesso; d’altra parte il sufismo nella capitale appare anche come una sorta di tendenza alla moda, e non è privo di una certa spettacolarizzazione della sua pratica. Si tratta in particolare dell’esibizione di musiche e danze che culminano in stati di trance, a cui molti, anche non adepti, assistono con piacere e divertimento.
In Iran ad ogni proibizione corrisponde un’eccezione. Così in una nazione composta per il settanta per cento da giovani al di sotto dei 25 anni, la musica proibita è in realtà tollerata sottoforma di una pratica religiosa “alternativa” come il sufismo, che in modo del tutto moderno rappresenta una nuova maniera di essere iraniani, e soprattutto, musulmani in Iran.
Questo lunga presentazione dal titolo "Il Revival Sufi Come Atto Di Libertà" è opera di  Sara HEJAZI [http://www.resetdoc.org  ] ed è un buon punto di partenza per iniziare a parlare della mia esperienza in Iran, accompagnata da due libri pamphlet: il primo non poteva non essere TAZ di Hakim Bay e il secondo è Sentenze e Colloquio mistico di Inb Ata Allah, uno scritto questo che il “potere di costringere l’intelligenza alla meditazione”.
Keep in touch. Insha'Allah

[ Diario Iraniano Pt.1 ]

[ in giro nella rete su Sara Hejazi ]
http://retedue.rsi.ch/home/networks/retedue/approfondimento/inaltreparole/2012/04/02/sara-hejazi.html?selectedAudio=2
http://generazionep.ilcannocchiale.it/2010/08/08/intervista_a_sara_hejazi_il_ru.html
http://www.ecoditorino.org/liran-s-velato-tra-presente-e-passato-il-libro-di-sara-hejazi-torino-28-gennaio.htm

[about Sufism ]
http://sufibookoflife.com/index.html

giovedì 4 aprile 2013

Per una nuova libertà…ritrovata, ma limitata.

Per lavoro mi occupi di Diritto Internazionale Umanitario ed in particolare di quei soggetti a libertà limitata. Sono consapevole che ai giorni nostri il concetto di libertà e limiti dell’esercizio della libertà spesso – troppo spesso – si sovrappongono, ma cerchiamo anche qui di radicalizzare l’idea di base e di elaborare un pensiero per arrivare ad una visione condivisa della libertà e dei suoi [naturali] limiti.
La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica e indipendenza. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature”. Ovviamente non è un mio pensiero, ma del Presidente degli Stai Unita d’America Franklin Delano Roosvelt. E credo, senza per questo essere tacciato di essere un bocconiano o un saggio, che quest’affermazione proiettata nell’Europa di queste ore ( Grecia & Cipro docet ) generi reazioni inquietanti. L’aver fatto convivere nella stessa frase concetti come sicurezza economica e indipendenza con l’aspirazione alla vera libertà individuale potrà apparire – da un punto di vista europeo – audace. Ma non lo è.
Pensate alle dinamiche di migrazioni globali ed in particolare nell’area del Mediterraneo. I giovani magrebini che sono fuggiti da paesi con una forti limitazioni della libertà individuale, dettata però più da ragioni politiche e ideologiche, si sono trovati un un’Europa non più in grado di assicurare loro quella sicurezza economica che naturalmente genera indipendenza e origina quei percorsi di affermazione individuale,  intrinseca nella natura umana, che approdano alla società civile. Ho visto personalmente il disagio delle migliaia di migranti che, trattenuti nei Centri di Accoglienza, dopo la consapevolezza della fine del loro sogno di affermazione in un mondo nuovo, non solo devono convivere con la sorpresa per la (loro) sconfitta, ma anche con la realtà di un percorso che da ora in poi vedrà sempre più la loro libertà individuale compressa e limitata. Ma non in ragioni di leggi razziste e/o altro, ma in virtù di uno stato generale delle’economia così disastroso ai giorni d’oggi che non lascerà loro mai alcuno spazio. Se non quello garantito e assistito dei Centri di Accoglienza o CARA.
In quest’aree, dove i bisogni fondamentali vengono garantiti, come il mangiare, le coperte - un tetto e una minestra -, il sogno di libertà si scolorisce sempre più, sino a diventare un opaca immagine di ciò che, dall’altra parte del mare, era stato condiviso con i propri affetti e con la propria famiglia.
Non ho ricette per impedire questi flussi massivi di migranti che mal si inseriscono nella nostra vita quotidiana e che spesso, con sempre più frequenza, generano quei conflitti sociali tra il chi arriva e il chi c’è già nello spartirsi il sempre più misero osso ( Welfare) a disposizione, però – e il pensiero mi ritorna all’affermazione di Roosvelt – non è che  la gente affamata e senza lavoro,  la pasta di cui sono fatte le dittature, sia già presente da noi?
Tra i pochi che si stanno sempre più arricchendo e i molti che giorno dopo giorno devono alimentare la fame di ricchezza dei pochi, c’è ancora [ nel nostro paese ] un minimo di middle class che ha il dovere di impegnarsi sia per coloro che vivono, loro malgrado in condizione di libertà limitata – anche senza sbarre -, ma anche di preoccuparsi – e condividere questa preoccupazione con le Istituzioni -per l’aumento incredibile di gente sempre più affamata che adesso cerca pane, poi passerà ai forconi e alla fine al nuovo Salvatore. Ora sono loro, ma in futuro potrebbero essere le nostre famiglie e noi stessi.
La nostra libertà individuale e giorno dopo giorno minacciata non dai migranti, ma dalle condizioni economiche misere ed inadeguate che la società civile offre in primis a noi che già siamo qua e poi a loro che arrivano in paesi pronti solo ad usarli come carne da macello ideologica e politica.
C’è spazio per una nuova primavera libertaria, individualista e compassionevole e responsabile…pero non BeppeGrillo caz**! Non siamo ancora così miseri…
Keep on, keepin’on!

mercoledì 3 aprile 2013

Scomposizione dell’uomo moderno – #1 Blues

Back Again! E si, dopo più di centocinquanta giorni e decine e decine di viaggi, con aeroporti ed instabili collegamenti wireless come compagni di pomeriggi d’attesa in noiose e asettiche  sale d’aspetto, il vostro blogger pigro è tornato. 150 giorni non sono poi così tanti; ma da noi molto è successo ( e molto altro succederà ancora ) e troppo poco se ne è parlato e sempre meno se ne parlerà. Ho provato a rileggere qualche vecchio post per cercare di essere un po’ coerente ( parola tornata di “moda” in questi giorni di dibattiti e statement politici, ma nulla più. Solo moda) e contiguo con il mio pensiero, ma…già “ma”, non sono riuscito a trovare un filo da ricollegare se non nelle vecchie passioni di sempre: il punk, il pensiero liberista e anarchico, l’impegno civile, il commitment per la libertà di tutti e l’amore verso chiunque viva la vita con gaiezza e gioia! Love and respect my friend!.
Però, di ritorno da Teheran ( sul quale avrò modo di postare un paio di considerazioni in futuro) mi è venuto in mente un pensiero ( ispirato dalla forza omologazione dei cittadini iraniani) che sintetizzerei così: Scomposizione dell’uomo moderno. Cosa intendo? Ok follow me buddies! Lets start once again this Blog!
Tutto gira attorno ad una frase del filosofo Georg Simmel, ovvero: "L'uomo moderno è simile a una cifra da cassaforte, formata da elementi comuni a tutti gli altri, mescolati però in modo da produrre una precisa e inconfondibile combinazione. " Chi se la sente di argomentare il proprio dissenso? Non io e l’idea è questa: ammesso e non concesso che siamo tutti formati da elementi comuni perché non scomporre l’individuo sino alla sua natura essenziale dell’elemento comune, il suo hard-core, basic approach e l’ortodossia dell’essere. Lo stimolo è vedere cosa si trova alla fine del percorso. Semplice [secondo me], alla fine c’è la natura stesso dell’individuo: quella “cosa” che lo contraddistingue dalle bestia. C’è chi la chiama anima, chi elemento spirituale, chi cerca di dare un ragionamento a qualcosa di non “ragionabile” ovvero l’amore ed il sentimento. Insomma, non sono un poeta, sono un radicale, ma credo che quest’idea dello “scomporre” sia efficace ed attuale per superare ogni forma di incomprensione e conflittualità.
Utopica? Forse ( ma non lo sono tutte le idee rivoluzionarie ed anarchiche? ), ma provate a “radicalizzare” il vostro percorso di scomposizione nei giorni nostri. Un esempio? Ok…
Negli ultimi dieci anni è (worldwide) aumentata la povertà in senso generale, tuttavia le banche mondiali continuano a generare profitti ( per persone fisiche). Domanda? Come è possibile? Risposta. L’impalcatura che sorregge la società così come la conosciamo si lega al meccanismo del profitto=richezza, ma – contrariamente al passato – la ricchezza di per se stessa non genera più ne solidarietà ne cultura mecenatica, ma anzi alimenta sempre più egoismi e individualismi edonistici. Si ostenta una Ferrari e una bella gnocca e si diffonde su tutti i media che si fa carità, ma…fuc* off nessuno vuole la carità di nessun altro. L’impegno [commitmen] di chi ce l’ha fatta deve essere quello di condividere il proprio risultato per soddisfare quegli aspetti della propria natura comuni a tutti: la gioia e la gaiezza per una vita che – alla fine, spacchettata – è comune a tutti (comunità).
La faccio semplice my friend…ma che senso ha raggiungere il migliore dei risultati se non lo condividi con chi ti vuole bene, ti ama. Il rispetto è intimo, il contrario è ruffianeria!
Meglio povero e amato che ricco e odiato! Retorico? Yeahhhhhhh….so what? La “radicalizzazione” della scomposizione porterà sempre ad una visione del mondo in bianco o nero. Pure and Simple!
Life is simple, unpack your life and you’ll see!
See you soon! Ci vediamo presto…e con più frequenza!

I'm back.

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