domenica 9 maggio 2010

Coraggio e civiltà


…per motivi personali tengo particolarmente a questo film, mi auguro che tutti trovino il tempo per andare a vedere una pellicola dai temi importanti, che forse non entrerà nel pantheon dei film epici, ma per i contenuti e il coraggio rimanda alle vecchie denuncie cinematografiche di un cinema italiano che non c’è più. Impegnato com’è a girare tra Vacanze al sole, Marescialli Rocca e altre amene superficialità.
Le utlime 56 ore segna il ritorno nelle sale di quel filone che molti all'estero ci invidiano (Tarantino in primis): il cinema di genere italiano degli anni Settanta.
Partendo da una vicenda di cui purtroppo si parla ancora poco, ossia l'utilizzo di armi all'uranio arricchito durante la guerra in Kosovo, il regista Claudio Fragasso prova a coniugare temi impegnati con cinema d'intrattenimento attraverso la formula del film d'exploitation.
Attraverso rimandi e omaggi alle pellicole i Kubrick (Full Metal Jackets), Martinelli (Roma violenta) ma anche Spike Lee e Micheal Bay, Fragrasso mescola thriller e tematiche impegnate per raccontare una verità scomoda e spesso sottaciuta.
Il capitano dell'esercito Gabriele Moresco (Gianmarco Tognazzi) scopre che i suoi soldati si stanno ammalando uno ad uno di leucemia a causa dell'esposizione all'uranio utilizzato per rivestire i proiettili delle armi durante la campagna di sminamento dei territori avvenuta in Bosnia. Questa esposizione ha provocato serie conseguenze anche sulla popolazione e sulle colture. Per ottenere attenzione su questo grave problema, il colonnello decide di occupare con la forza assieme ai suoi uomini un ospedale civile, prendendo in ostaggio personale medico e pazienti e coinvolgendo, suo malgrado, anche un commissario di polizia, il vice questore aggiunto Paolo Manfredi (Luca Lionello) e la sua famiglia.
Da quando in Italia l'attualità viene raccontata solo attraverso la fiction sono pochi i registi coraggiosi che provano ad abbattere questo vincolo cimentandosi in qualcosa di diverso. Fragasso rompe il muro di silenzio e ci prova addiritura con un genere che ormai si fa poco o meglio non si fa più.
Girata tra la Sicilia e il Lazio in otto settimane e prodotta con un budget molto più basso rispetto agli standard americani o europei, la pellicola rende omaggio ad una lunga tradizione cinematografica e approfondisce il connubio fra il cinema di genere e il cinema di contenuto.
Diverso rispetto ai film precedenti dello stesso regista, Le utlime 56 ore è il risultato di lunghe indagini e ricerche che sono valse a colmare un vuoto che ormai durava da troppo tempo.
Nonostante la scelta di utilizzare il cinema di genere per raccontare un argomento così delicato sia giustamente discutibile, a Fragasso e alla sceneggiatrice compagna di vita, Rossella Drudi, va di sicuro il merito di averlo fatto con l'intento di avvicinare alla tematica un vasto pubblico e di averlo saputo raccontare con il giusto disincanto.
[ tratto da www.doppio schermo.it ]

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