Richard Brautigan è stato il prototipo e in un certo esempio l'esempio lampante della cultura libertaria degli anni Sessanta, la stessa dei Grateful Dead, di San Francisco. Con Jack Kerouac ad illuminare e ad ispirare, tra follia e poesia. Richard Brautigan, però, aveva una "visione" tutta sua dei sogni, delle speranze, delle utopie di quegli anni: stralunato, caotico, irriverente, surreale ha attraversato la narrativa e la letteratura come una meteora, con uno spirito incendiario e iconoclasta. Basti pensare all'idea di noir sviluppata in Sognando Babilonia, un romanzo tanto divertente quanto amaro con un protagonista, C. Card che sembra essere l'alter ego di Richard Brautigan e un rappresentate di primissima qualità della particolare razza di quegli inguaribili sognatori. Tutti dediti, in modo e in misure differenti, alla lettura come strumento per affrontare la vita: se C. Card si lascia travolgere dalle parole ("Mentre leggevo il romanzo paragrafo dopo paragrafo, pagina dopo pagina, traducevo nella mente le parole in immagini, da guardare e mandare avanti veloce come un sogno"), il protagonista de La casa dei libri trasforma una biblioteca in un luogo della mente, un approdo sicuro, un posto per tutti. Le sue regole riguardano la vita, più che l'orario di lavoro: "Qui ci deve essere sempre qualcuno. È lo spirito di questa biblioteca. Ci dev'essere qualcuno ventiquattro ore su ventiquattro a ricevere i libri e dar loro il benvenuto. È il principio fondamentale di questa biblioteca. Non si può chiudere. Deve restare aperta". A maggior ragione se a bussare è una splendida ragazza, Vida, che sul piatto tiene Beatles, Rolling Stones, Byrds e Johnny Cash. "Nella vita non c'è spazio per tenere tutto" diceva uno dei 102 racconti zen e un libro lo si può sempre parcheggiare su uno scaffale, ma ad un corpo mozzafiato, un corpo che tutte le donne vorrebbero (e magari anche gli uomini) è difficile trovargli un angolo. E' il problema di Vida, diventa un caso per La casa dei libri, con la consueta punta di amarezza nascosta sotto la vena irriverente e caustica di Richard Brautigan. Se La casa dei libri è forse il suo romanzo più intimo e personale, Pesca alla trota in America resta il suo capolavoro, quello in cui, come ha scritto Riccardo Duranti, "tentare vie nuove e impreviste, nella vita come nella scrittura, crearsi una realtà alternativa a dispetto delle difficoltà in cui si si dibatte" diventò un imperativo, un modo di vivere. Funzionò per tutti i suoi personaggi, non per Richard Brautigan, che un giorno dell'autunno 1984 si fece prestare una pistola (come C. Card in Sognando Babilonia) e si sparò. Il mondo è un posto troppo piccolo per i sognatori.
Comunque da leggere accompagnati con il suono di un'altro autore minimalista nella vasta landa americana, ovvero Jonathan Richman.
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