mercoledì 30 marzo 2011

una manciata di euri per il buon vecchio punk

In giro per Roma e con la voglia di spendere un po’ di euri in modo “intelligente”. Come fare? Cosa cercare che non sia un ulteriore inutile accessorio nella vita di ogni giorno? Bhè, non c’è nulla di meglio [ almeno per me ] che investire in un po’ di sano-e-sobrio punk rock nostrano. Come detto in un precedente post credo di avere la più vasta produzione di sette pollici e EP, nonché LP autoprodotti nostrani. Forse solo Federico Guglielmi mi “batte”. Dai primi dischi degli Indigesti, ai Wretched, Peggio Punx e Franti, tutto il catalogo della Attak Punk di Bologna ( compresi i primissimi CCCP ), insomma di tutto e di più ( comprese le cassette dei Negazione e “schizzi di sangue” dei Franti , il primo spoken album italiano ). Quindi, per rendermi felice comeunbimbo mi sono indirizzato verso il mio dealer ufficile e ho lasciato un po’ di euri sul banco, ma se pensate che ho preso tre LP e otto sette pollici e un Cd per la modica somma di sessanta euri…si può fare. Ovviamente non ascolterò nessuno di questi dischi, ma li “leggerò” tutti. Si perche ogni vinile arriva pieno zeppo di flayers, testi, statement e altro, che asoltarli diventa quasi “inutile”. E’ un iperbole, ma l’aspetto più intrigante per me è averli in mano, anche se alcuni dischi sono delle “ristampe”, la tiratura non è mai superiore alle 200/250 copie…e io, una debbo averla! Ecco cosa mi sono portato a casa: La ristampa dei Crash Box, dal titolo “Nati per essere Feroci” puro HC milanese del periodo miglio 1983-1984. Ristampa edita dai tipi della Gonna Puke di Roma. Così come il bello split dei KillTime con i bostoniani Queers (sodalizio che dura ormai da due tour), Queers e Killtime condividono questo 7” split uscito in edizione limitata (333 copie con artwork a cura di Riccardo Bucchioni)). Grande Hard-Core de Roma! Belle anche le tre ristampe della SOA records relative ai primi due EP dei Peggio Punx di Torino e all’opera Omia dei Upset Noise/Warfare. Le copertine sono sempre le stesse, ma un flayer in formato A3 le rende riconoscibilissime. Spartane, ma efficaci e con vinile colorato. Come ai vecchi tempi. I sette pollici sono tanti e vari, ma quasi tutti degli anni ’90, un periodo dove il punk italiano aveva iniziato una fase di introflessione e l’onda era in risacca. Però belli i Think Twice di Vicenza, i No Way di Torino i padovani By all Means, gli alessandrini Permanent Scar…e stupendi i romani Growing Concern! …quello che è incredibile è che a più di quarant’anni, dopo aver girato mezzo mondo, ci sono ancora poche cose che mi entusiasmano…e tra queste il buon vecchio punk! Dovrei esserne contento? Non lo so…però lo sono! Gabba my friend…punk will never die!

domenica 27 marzo 2011

Welcome home Joe#2

Una delle cose più belle quando rientri da una [lunga] missione è quella del disfare le valige, riempire la lavatrice con magliette, intimo e calzini acciancicati dentro una busta el'altra (cosa bella) è mettere al loro posti i due e tre libri che in genere mi porto al seguito. In questo ennesimo tour in terra siciliana, pensando di avere molto tempo a disposizione, ho portato queste letture ( non ho voglia oggi di scrivere quello che ho visto, mi prendo un po’ di tempo per un post political orienateted ) : Primo libro che ho letto e finito. L’ho iniziato aspettando un aereo e l’ho finito…aspettandone un altro. E’ DOC SAVAGE, LA FORTEZZA DELLA SOLITUDINE, di Kenneth Robeson. Edito negli anni ’70 in una serie parallela ad Urania, Doc Savage è un personaggio che mi affascina. Lui può tutto. E quando dico tutto vuol dire tutto. In un precedente romanzo scopro che parla più di venti dialetti egiziani antichi. In altri nuota per ore sottacqua con delle semplici mollette sul naso e poi mena a destra e manca senza avversari. Ha accesso a della tecnologia che ancora oggi è fantascienza. Ma le storie sono tanto leggere quanto credibili e Robeson riesce sempre ad inventrarsi ‘na palla assurda, ma tanto assurda che alla fine non stona nel contesto del personaggio.

L’altro libro, ma direi pamphlet. È di Silvio Pellico, DEI DOVERI DEGLI UOMINI. Una vecchia edizione del 1963 che porto spesso con me quando intuisco che la missione umanitaria che mi troverò ad affrontare potrebbe mettere in serio dubbio il mio senso del dovere. Direi che in questo caso la lettura impegnata del capitolo 1 – Necessità e pregio del Dovere è stata terapeutica. Leggete quì: All’idea del dovere l’uomo non può sottrarsi; ei non può non sentire l’importanza di questa idea. Il dovere è attaccato inevitabilmente al nostro essere; ce n’avverte la coscienza fin da quando cominciamo ad aver uso della ragione, e sempre più forte quanto più questa si svolge. Santo subito amico Pellico ( anche lui langhetto, come Pavese e Fenoglio. Bisogna che torni sull’anima ribelle della Langhe prima o poi!).

L’ultima lettura, un po’ impegnata, l’ho trascurata, anche se ne ho letto i primi capitoli, mi è sembrata sin da subito minore rispetto alle illuminati precedenti opere di Hakim Bey. Parlo di IL GIARDINO DEI CANNIBALI, I VIAGGI FLOSOFICI DI UN SUFI BEAT. Su questo testo ci ritorneremo presto perché è in programma a Roma un evento sull’audacia filosofica di Bey nel quale potrebbe essere previsto un intervento del vostro Joe.

Keep in touch!

giovedì 17 marzo 2011

Christine F vs Sick Boy


A casa in relax, prima di un altro viaggio in Sicilia. Mi preparo con una immersione di profondo nord e il recente acquisto di una edizione “ampliata” di Christiane F. - Wir Kinder vom Bahnhof Zoo sembra essere perfetto. DVD e play, c’mon lets go!
La prima volta che vidi Christiane F. avevo sedici o diciasette anni e fù uno shock! Non so se l’ever visto questo film mi ha impedito di essere so trendy eroin addicted ( in un periodo dove Sid Vicious e il punk in genere erano i mie compagni di merende!), o forse, più semplicemente, la mia famiglia è stata brava abbastanza nel tenermi lontano da questo mondo, ma il film fu un trauma. Se da una parte rimanevo affascinato da una Berlino che mi appariva così lontana e non reale, irraggiungibile, un "luogo non-vero" ( per poi tornarci per più di dieci volte negli ultimi anni ), dall’altra vivevo con disagio un immagine frequente e costante del film: la giovane Christiane sempre con una busta di plastica al seguito. Non avevo le idee chiare su cosa ci fosse in quella busta di plastica che accompagnava sia le scorribande notturne di Christiane con i suuoi amici, che la fase della disperata prostituzione. Una adolescenza germogliata marcia attorno ad una squallida busta di plastica.
Ho ricordato per anni queste scene, anche se alcune erano anche più grevi, come la sua prima esperienza di prostituzione, ma lei che si barcamena nella stazione di Berlino con tacchi a spillo su filiforme gambe da bambina con un costate ciondolare di questa busta mi è rimasta impressa.
Anni dopo, in un recente viaggio a Berlino mi sono ritrovato a Gropiusstadt il quartiere nel quale inizia questa odissea nel greve mondo della dipendenza della droga. E, contrariamente a quanto si pensa, è adesso messo suburdia di quanto appariva allora e molto più pasoliniano. Il mondo cambia ed anche Berlino. Ma non il film, che benché rivisto con qualche anno in più rimane ancora drammatico e squallido.
Così la presenza di questa busta di plastica.
Se avessi un figlio non esiterei a condividere con lui la visione di Christiane F. - Wir Kinder vom Bahnhof Zoo, mentre sarei restio a fargli vedere Trainspotting, l’altro grande film sul mondo della droga: il perché? E’ semplice, Traisnpotting rende quasi divertente drogarsi, mentre i ragazzi dello Zoo di Berlino sono figure ancora drammatiche e penose.
Anche se Berlino è più dolce ora, l'immagine della busta di Christine F. è ancora presente!
PS La Babsi del film, il cui nome completo era Babette Döge è diventata veramente famosa per essere stata la più giovane vittima per droga del mondo occidentale.
This is not a film.

mercoledì 16 marzo 2011

Hakim Bay [ Non per tutti ]


Nel 1997 Hakim Bey, autore del discusso “T.A.Z. Zone temporaneamente autonome”, presenta al pubblico italiano una raccolta di quattro saggi inclusiva di una lunga e significativa intervista ad opera di David Endler, Jack Hauser e Christan Loidl. Scegliendo l'impegnativo titolo complessivo di “Millennium” e situando il proprio discorso teorico nello scenario “oggettivamente pre-rivoluzionario” del mondo contemporaneo, il pensatore libertario statunitense, attraverso la pratica sovversiva di una scrittura visionaria e disorientante, conduce il lettore alla ri-scoperta del concetto di rivoluzione: riconfigura così il proprio immaginario politico, storicamente incentratosi sulla figura dell'insurrezione, ossia su di una dinamica di resistenza al capitalismo radicata nelle contingenze situazionali e priva dello sguardo globale (cui si correla il rischio implicito di gerarchizzare i vari livelli dell'azione e della militanza) proprio della dinamica rivoluzionaria. Quest'ultima, nella rilettura di Hakim Bey, appare un percorso di riemersione della differenza (con particolare riferimento a quella localistica, da riaffermarsi in una logica secessionista) nell'ambito del mondo pan-capitalista, generatore di un inesorabile processo globale di unificazione dell'esistente nell' Impero dell'Immagine, il non-luogo virtuale nel quale si compie l'abolizione dell'im-mediatezza e del desiderio, attraverso la sostituzione di quest'ultimo con la sua alienata immagine. Hakim Bey invoca il ristabilimento neo-pagano dell'incoercibile regno della Natura Selvaggia, annientata dallo sguardo biofobico e mediatore del pancapitalismo spettacolare, configurando la creazione di differenze che trovino la propria condizione ontologica nella non-rappresentabilità, in un quadro politico che vede la neutralità abolita. La decadenza del mondo bi-polare degli anni Ottanta a favore del monopolarismo capitalista rende, infatti, impossibile la terzietà di una posizione che pratichi un'equidistanza tra i due sistemi valoriali in gioco: tale era stata la posizione anarchica rispetto a capitalismo e comunismo, in particolare nella versione spiccatamente anti-ideologica che Hakim Bey ne aveva dato in “Zone temporaneamente autonome”. Non ci resta quindi che intraprendere il percorso della doppia Jihad: la lotta maggiore contro il potere interiore e quella minore contro il potere esteriore, nel rilancio di un progetto che trovi la sua realizzazione territoriale nella riproposizione del federalismo anarchico contro il paradiso delle immagini, l'al di là dello schermo, regno apparentemente ineludibile quanto radicalmente trascendibile dell'assenza e dell'alienazione pan-capitalista.
[ per scaricare in pdf Milleniun qui ]

martedì 15 marzo 2011

Panic no more!


Altro giro, altra corsa. Il terribile terremoto che ha colpito il Giappone e la crisi nel Mediterraneo hanno aumentato i carichi di lavoro di chi lavora nell’umanitario. Sono stati giorni di valigie, conference call e posti di vita neutri, come li chiamo io, che sarebbero poi le stazioni ferroviarie e/o gli aereoporti. Di queste No-Zone parleremo più avanti…
…adesso ci dedicheremo a un po’ di nostalgia. L’ultimo numero di Mojo Magazine mi ha impattato con una bella copertina e un CD dal tiolo PANIC! Bello in rosso su bianco e chiaro! Il sottotitolo 15 Track of riotous ‘80s indie insurrection! Prometteva bene, e le promesse sono state mantenute! Felt, Billy Bragg, Redskins, Wah! e tanti altri sono stati la “mia” musica di quando poco più che ventenne vivevo a Londra.
Erano gli anni di Margaret Thatcher di una non più giovane Inghilterra che si ritrovava a passare da un socialismo tory and un liberismo pragmatico che avrebbe nel tempo fatto collassare un sistema di welfare allora efficace. Quando arrivai a Londra, come tutti i ragazzi italiani, mi ero già organizzato a vivere under the UB40 ( lo UB40 era il modulo da compilare per ottenere il sussidio di disoccupazione in UK. Un discreto mucchietto di soldi…abbastanza per vivere punk orientated), ma grazie alla “stretta” Thatcher questo beneficio venne fortemente limitato per i cittadini non dell’Union Jack. Altro che razzismo leghista. In quei giorni inizio un forte conflitto tra il blocco socialista inglese e una nuove visione liberista conservatrice. Supportata dal vento americano di Reagan ( edonismo reaganiano ) la Thatcher introdusse una forma di tutela della cosa-pubblica molto anglo-centrica e conservatrice e il sistema degli outcats mantenuto e sostenuto da queste solidarietà sociale entrò in crisi.
Io ero lì e con i mie amici aderivo al Red Wedge Movement, una sorta di socialismo radicale che vedeva in Orwell e in certa sinistra illuminata ( che poi arrivò al governo inglese con Tony Blair ) una forma di Movimento veramente indipendente e autonomo, ma – e questo è il punto dove voglio arrivare – esclusivamente fatto da giovani.
In questi giorni che vedo manifestazioni, un giorno si e l’altro pure contro ogni cosa, mi rendo conto che, nonostante il mondo internittizzato ( ma forse proprio perché il mondo si è internettizato! ) l’impegno dei giovani è sempre più limitato. E vedere che popoli “viola” o “Art.21” hanno in pensionati e politicanti un gran numero di “sostenitori” la dice lungo sul perche l’Italia è un paese di vecchi. E perché il socialismo non attrae più nessun giovane. Ma soprattutto perché sempre più giovani delegano a sedicenti grandi vecchi il loro futuro e non si impegnano in prima persona per generare aspettative e momenti di…real panic!!!

giovedì 10 marzo 2011

Capitan America vs MammaGiulia!


Il sito specializzato ComicConnect.com ha annunciato di aver venduto il fumetto Amazing Fantasy #15, con la prima apparizione di Spider-Man per un milione e 100 mila dollari. A un compratore deciso a restare anonimo. Si tratta della seconda cifra più alta, mai pagata per dei comics: il record appartiene ad Action Comics #1, debutto di Superman, con un milione e mezzo di dollari. E dire che all'epoca questi albi, destinati a un pubblico di giovanissimi, potevano essere comprati con pochi spiccioli...
Questo il breve testo che accompagnava una vbella immagine dell’Uomo Ragno comparso su Repubblica.it. Quanto vorrei che mia madre avesse accesso ad internet! Sono un fan dei comics e specialmente di quei "pirlotti" in calzamaglia che si agitano sui tetti di mezza America. Sin da bambino ho seguito con passione l’evolversi di questo fantastico ComicDom. Buscema, Tuska, Kane, Ploog ai più non dicono niente, quando cito Jack Kirby come uno dei più grandi della Pop Art alcuni miei amici si “dissociano”, altri preferiscono i “classici”. Però è innegabile che nella società moderne e globalizzata SpiderMam, Hulk, DareDevil hanno sempre più sostituito i vecchi e cari rassicuranti eroi: Sandokan, Il Corsaro Nero…ma anche Tarzan e Dick Tracy. Anzi, molti di questi characters hanno avuto bisogno di un bagno nel mondo supereroistici per rigenerarsi…dicevamo di mia madre, MammaGiulia, da una vita mi tormenta con tutti ‘stistupidigiornaletti e da anni minaccia di buttarliviatutti! ( anche adesso che da più di vent’anni abito da solo!). E pensare che tra questi stupidigiornaletti c’è l’intera collezione di Alan Ford, i primi Genius ( di Manara), tutti gli UominiRagno della Corno, i Jonny Logan e i Kamandi, Gli Eterni…Il Soldato Fantasma, Gli Horror di Oreste del buono…Capitan America in tuttelesalse e tanti altri.
…insomma un piccolo capitale, ma mi domando…riuscirò a fare leggere questo post a MammaGiulia? Boh?...però ci devo provare, né va della sopravvivenza di quintali di cultura pop cartacea.

...e che stamo a scherzà mà?!
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