“Il ribelle è il singolo, l’uomo concreto che agisce nel caso concreto. Per sapere cosa sia giusto, non gli servono teorie, né leggi escogitate da qualche giurista di partito. Il ribelle attinge alle fonti della moralità ancora non disperse nei canali delle istituzioni. Qui, purché in lui sopravviva qualche purezza, tutto diventa semplice” . Queste poche parole tratte da “Trattato del Ribelle” di Ernst Junger rendono bene l’idea [ del tutto personale ] che credo corrisponda al cittadino moderno. Soprattutto nel nostro paese dove un violento conflitto istituzionale sta sgretolando i principi generale della condivisione civile di spazi, di tempo e di idee.
Sino a che punto ci si può ribellare in un contesto “convenzionale”? E dove si oltrepassa il confine della giusta rivolta e si entra nella becera contestazione? Le donne scese in piazza domenica era severe moralizzatrici o inutili radical chic? Berlusconi è un criminale o un perseguitato politico? Chi definirà la vera verità? Un tribunale di Milano o la storia sociale del nostro paese. Non è stato forse anche condannato uno dei Presidenti della Repubblica più amato dai noi italiani? Ma fù condannato da ( allora contemporanei ) tribunali fascisti; ingiusti e iniqui possiamo dirlo ora. Lo avessimo detto allora saremmo stati “processati e condannati”.
Come ci si può ribellare e dove trovare lo spazio per esercitare i principi di questa ribellione?
Quando il rischio è alto, come quello che stiamo correndo in questi giorni, non è nelle leggi della gens che si può trovare conforto, né sicurezza, ma nella consapevolezza, del tutto individuale, dell’essere soli di fronte alla catastrofe. Né Hakim bay, ma neanche derive anarcoidi come Bolo-bolo, possono indicarci una zona franca dove attendere l’esito del conflitto, ma uno scatto in avanti "nel bosco" alla ricerca dei nostri valori e principi individuali, rinunciare alla Società ( dei Fedeli Emilio, dei beppegrillo.it e dei Guzzanti-3-Guzzanti) per quell’essere umano che “ costituisce il fondamento di ogni elento individuale e da cui si irradiano le individuazioni. In questa zona non ritroviamo soltanto la comunanza: qui c’è l’identità”…
…per il momento mi rileggo The Road of Wigan Pier per ritrovare la voglia di una modello di collettivizzazione socialista, ma Ernst Junger lo tengo vicino a me, hai visto mai…
Sino a che punto ci si può ribellare in un contesto “convenzionale”? E dove si oltrepassa il confine della giusta rivolta e si entra nella becera contestazione? Le donne scese in piazza domenica era severe moralizzatrici o inutili radical chic? Berlusconi è un criminale o un perseguitato politico? Chi definirà la vera verità? Un tribunale di Milano o la storia sociale del nostro paese. Non è stato forse anche condannato uno dei Presidenti della Repubblica più amato dai noi italiani? Ma fù condannato da ( allora contemporanei ) tribunali fascisti; ingiusti e iniqui possiamo dirlo ora. Lo avessimo detto allora saremmo stati “processati e condannati”.
Come ci si può ribellare e dove trovare lo spazio per esercitare i principi di questa ribellione?
Quando il rischio è alto, come quello che stiamo correndo in questi giorni, non è nelle leggi della gens che si può trovare conforto, né sicurezza, ma nella consapevolezza, del tutto individuale, dell’essere soli di fronte alla catastrofe. Né Hakim bay, ma neanche derive anarcoidi come Bolo-bolo, possono indicarci una zona franca dove attendere l’esito del conflitto, ma uno scatto in avanti "nel bosco" alla ricerca dei nostri valori e principi individuali, rinunciare alla Società ( dei Fedeli Emilio, dei beppegrillo.it e dei Guzzanti-3-Guzzanti) per quell’essere umano che “ costituisce il fondamento di ogni elento individuale e da cui si irradiano le individuazioni. In questa zona non ritroviamo soltanto la comunanza: qui c’è l’identità”…
…per il momento mi rileggo The Road of Wigan Pier per ritrovare la voglia di una modello di collettivizzazione socialista, ma Ernst Junger lo tengo vicino a me, hai visto mai…
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