Già è
molto difficile parlare di Jazz, visto che quest’espressione di musica
afro-americana non appartiene al tessuto culturale europeo, addirittura
promuovere la cifra stilistica di Albert
Ayler è, se non un azzardo, un audacia! In alcuni precedenti post avevo
accennato alla preparazione di un libro/pamphlet sul sassofonista di Cleveland,
sulla sua misteriosa morte e di come, nella costante ricerca di un suono che
non sia omologato e che lo affranchi da schemi melodici e strutturali, in qualche
modo abbia promosso quegli atteggiamenti di rottura che anni dopo troveremo nel
Punk! Ayler è – per motivi che
ignoro, ritenuto una sorta di comprimario difficile. La sua linea
avanguardistica sempre nascosta nell’ombra di John Coltrane, l’anima spirituale
ostica, poiché nei dischi espressa più per la sua rabbia che non la gioia. Un
atteggiamento spesso austero lo ha allontanato dai media del tempo. Se si pensa
che la BBC – dopo aver filmato circa 30 minuti di video, ha ritenuto di doverlo
"bruciare" e non diffonderlo vista sia la difficoltà del suono che la poca
copmprensione dei temi trattati nell’intervista.
Tra le
molte dichiarazioni su Ayler la più divertente è senza dubbio quella di Dan
Morgenstern, su Down Beat: “A Salvation Army band on LSD."
Tutto
questo pre segnalare – e perché no, promuovere una sorta di best of della ESP
Disk “The Albert Ayler Story” con circa 66 brani e un interessante libretto
in PDF, scaricabile per pochi euri sul sito della stessa ESP.
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