Nel
2013, il 28,4% delle persone
residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, secondo la
definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020.
L’indicatore deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui
redditi 2012), della grave deprivazione materiale e della bassa intensità di
lavoro e corrisponde alla quota di popolazione che sperimenta almeno una delle
suddette condizioni.
Non
dissimuliamoci l’esatta verità. Che cos’è una rivoluzione politica in generale?
Cos’è, in particolare, la rivoluzione francese? Una guerra dichiarata tra
patrizi e plebei, tra ricchi e poveri. Ecco dunque affrontato il grande
problema. Seguiamone alcuni sviluppi.
Quando le
istituzioni cattive e abusive di una nazione hanno prodotto l’effetto che la
massa è rovinata, avvilita, caricata d’insopportabili catene; quando
l’esistenza della maggioranza è divenuta talmente penosa, che essa non può piú
farcela, è allora di solito che scoppia un’insurrezione degli oppressi contro
gli oppressori. Il disagio che si prova in questa situazione diventa la causa
per cui ci si muove, ci si scuote, per cercar d’acquisire uno stato migliore.
Vien fatto naturalmente allo spirito di riflettere sui diritti primitivi degli
uomini. Li si discute, si esamina quali sono nello stato naturale, quali devono
essere nel passaggio allo stato sociale. Si riconosce facilmente che la natura
ha fatto nascere ogni uomo eguale in diritti e in bisogni con tutti i suoi
fratelli, che questa uguaglianza deve essere imprescindibile e inattaccabile;
che la sorte di ogni individuo non deve subire alcuna alterazione passando alla
vita sociale; che le istituzioni civili, lungi dal recar danno alla felicità
comune, che soltanto può risultare dal mantenimento di questa eguaglianza, non
hanno altro compito se non d’impedirne la violazione.
[...]
Questa guerra
dei plebei e dei patrizi, dei poveri e dei ricchi, non esiste solamente dal
momento in cui è dichiarata. Essa è perpetua, comincia non appena le istituzioni tendono al fine che gli uni prendano
tutto e agli altri nulla rimanga; e finché il manifesto non è promulgato,
il patriziato non sembra molto mettersi in guardia contro la rivolta dei
plebei. Sembra ai ricchi che fingendo sicurezza, sforzandosi di far credere ai
poveri che il loro stato ha il fondamento inevitabile nella natura delle cose,
si costituisca la miglior barriera contro le iniziative degli ultimi. Ma quando
è proclamata la dichiarazione di guerra, allora incomincia la lotta al vivo, e
ciascuno dei due partiti impiega tutti i suoi mezzi per trionfare.
[L.
Ghiringhelli, Prima di Marx. Alle origini del socialismo, G. D’Anna,
Messina-Firenze, 1979, pagg. 70-72]
…i mie lettori
sanno benissimo che non sono comunista, ma un vecchio anarchico liberale, però –
e dico però -, non è così realistico questo concetto? Non siamo nella fase dove
le
istituzioni tendono al fine che gli uni prendano tutto e agli altri nulla
rimanga?
..ma devo
davvero scendere in campo?