Bolo'bolo racconta di un'utopia, ma non è utopico, anzi. Propone una accattivante alternativa al capitalismo e ad una vita dominata dall'economia, presentando una serie di esperienze, di progetti di sovversione e soprattutto di costruzione, di nuovi percorsi, non attuabili con la politica e che non si basano su una teoria particolare, ma che si possono sviluppare solo con la contemporanea paralisi ed eliminazione del controllo della macchina-lavoro planetaria, la rappresentazione del dominio della merce e del lavoro. Il titolo si riferisce al bolo che è una comunità autonoma corrispondente alla unità antropologica di una tribù (300-500 individui), che è immaginata come l'unità sociale di base di una società ecologicamente sostenibile. Un massimo di cinquecento persone è un numero interessante, che si replica nella cultura umana come uno sciame di api in un alveare, è la dimensione di un villaggio, di una tribù, di una scuola ed è abbastanza piccolo da permettere a tutti di avere familiarità l'uno con l'altro. Il libro descrive un piano dettagliato per la trasformazione del mondo così come lo conosciamo, attraverso la riconfigurazione dell'organizzazione sociale in micro-unità che costituiscono la base materiale per la sopravvivenza degli individui associati e che sono caratterizzate ognuna da una propria peculiare cultura. Il nucleo di un bolo è la sua cultura interna, ed ogni bolo ne può avere una propria senza restrizioni, autoritarie o libertarie, formali o creative.
La parola bolo fa parte della lingua immaginaria del romanzo, l'asa'pili, che è composta da trenta parole che rappresentano i bisogni primari in tutti i bolo ed è quindi funzionale a permettere una comunicazione universale di base. P.M. nel libro dà una serie di linee guida per vivere nei bolo, chiamato sila in asa'pili, che non è tanto un insieme di norme ma una sorta di guida per navigare in un mondo senza soldi da dare e da prendere e senza polizia da evitare o su cui contare.
P.M. suggerisce che bolo'bolo inizia in quegli interstizi della macchina-lavoro planetaria che ancora sono basati sullo scambio volontario ed in cui operano individui interessati ad inserire sabbia negli ingranaggi della macchina, come la guardia che lascia di nascosto aperta la porta di una casa incustodita in modo che squatter amici possono occuparla, le persone che si fanno le vacanze e si costruiscono casa in luoghi lontani e sconosciuti e amano sperimentare la vera cultura dei luoghi piuttosto che i paesi con la facciata da Disneyland oppure i managers che spifferano ai reporters abominevoli segreti industriali...
La parola bolo fa parte della lingua immaginaria del romanzo, l'asa'pili, che è composta da trenta parole che rappresentano i bisogni primari in tutti i bolo ed è quindi funzionale a permettere una comunicazione universale di base. P.M. nel libro dà una serie di linee guida per vivere nei bolo, chiamato sila in asa'pili, che non è tanto un insieme di norme ma una sorta di guida per navigare in un mondo senza soldi da dare e da prendere e senza polizia da evitare o su cui contare.
P.M. suggerisce che bolo'bolo inizia in quegli interstizi della macchina-lavoro planetaria che ancora sono basati sullo scambio volontario ed in cui operano individui interessati ad inserire sabbia negli ingranaggi della macchina, come la guardia che lascia di nascosto aperta la porta di una casa incustodita in modo che squatter amici possono occuparla, le persone che si fanno le vacanze e si costruiscono casa in luoghi lontani e sconosciuti e amano sperimentare la vera cultura dei luoghi piuttosto che i paesi con la facciata da Disneyland oppure i managers che spifferano ai reporters abominevoli segreti industriali...
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