giovedì 18 dicembre 2014

[ I wanted to be a] Pop Star, but...


Nel 1986 me ne andai a Londra… volevo “sfondare” nel mondo della musica, punk ovviamente, e venivo dall’esperienza ( incompresa) dei No Communist In Europe! Gruppo proto HC de Roma che, sull’onda dell’elezioni di Ronald Reagan in America, ispirava la sua azione ribellistica ad un edonismo cinico e fine a se stesso…mi pare si dica nichelismo, ma…vabbè…comunque Londra mi accolse con totale indifferenza e finii, come moltissimi italiani, a lavorare in ristoranti italiani per una manciata di sterline, pocket money! Non diventai né ricco né pop star però – questo si! – mi sono divertito molto e, cosa più importante, mi trovai nella “perfida Albione” nel momento in cui “esplose” un fenomeno per molto tempo sottovalutato dagli stessi inglesi: the red wedge movement! [Beat the Whites with the Red Wedge]. Per farla breve, poiché su internet alla parola chiave “red wedge” troverete di tutto e di più, fù un tentativo, invero spontaneo ma un po’ “pop”, di ri-inserire nel tessuto teatcheriano un po’ di sano e vecchio socialismo orwelliano! Troppo complicato? Forse, ma tant’è…
Di quei giorni restano poche cose ed eccole tutte per voi:
Primo tra tutti lo stupendo album dei Redskins, Neither Washington Nor Moscow…gruppo seminale formato da Chris Dean (che sotto il nome X Moore aveva una carriera parallela come giornalista di New Musical Express) nel 1981 in Inghilterra, la sua prima band, si chiamava No Swastikas. Il gruppo era fortemente politicizzato e Chris, militante del Socialist Workers Party insieme al compagno Martin, portò le sue istanze di socialismo rivoluzionario nei testi musicali che proponeva. Keep on, keepin’on un manifesto e mio personale slogan…
Walls come tumbling down degli Style Council, oltre a imporre la figura del vecchio mod Paul Weller tra i più left-oriented musicisti di allora ( ma lo è ancora oggi), ci ha lasciato in eredità questa frase:
You don't have to take this crap
You don't have to sit back and relax.
So what a fuc**!!
La ristampa di The road of Wigan Pier di George Orwell, l’esplosione di Billy Bragg, l’arrivo del sentimentalismo militante del duo Tracey Thorne e Ben Watt, I Communards e la consapevolezza di una comunità gay…l’idea di una Londra che non seguiva solo l’onda punk per opporsi ad una nuova Inghilterra sempre più tesa verso orizzonti “finanziari”…un po’ tutto questo aveva creato quell’atmosfera di speranza verso il futuro che ricordava, almeno così mi dicevano vecchi freak a Folkstone, quella degli anni sessanta. The swingin’sixties!
Io non c’ero negli anni sessanta, ma la speranza di un futuro migliore, sotto la grande e comune bandiera socialista mi manca!
Fuc* Commies, Fuc*Nazi! Keep on, keepn’on!

martedì 16 dicembre 2014

...in mano ai beceri mercanti d'Europa!


Ultimi giorni di un anno un po’ così. Passato, come gli ultimi d'altronde, a cercare una speranza di uscita da una crisi che è di costume, sociale, forse anche di identità [ per essere audaci] che non economica.
A mio avviso l’errore base è stato quello di indirizzare una paese [ inteso come espressione di una storia collettiva “comune”], l’Italia, in un percorso che misurava – e misura ancora aimè – la sua sostenibilità in base alle proprie risorse economiche e non sulla base del proprio ruolo culturale. Per fare un esempio concreto è come se Leonardo Da Vinci prima di essere accolto in ogni Corte d’Europa in base al proprio alto ruolo culturale, fosse valutato dai soldi in saccoccia [come si dice a Roma]. I soldi, ovvero le ricchezze economiche [ senza entrare nel merito della provenienza delle stesse] appartenevano al principe il quale, con questi, si “comprava” le capacità esclusive del genio di Leonardo.
Nel momento in cui l’Italia ha deciso di barattare in Europa la propria storia di un paese di lettere, per consegnarsi al giudizio dei paese dei numeri, non ha fatto altro che consegnarsi al giudizio del beceri mercanti. Cosa che noi [italiani] non siamo!

venerdì 12 dicembre 2014

Merry Xmass, Massimo...hey man, daje!


Nell’estate del 1974 Urbani partecipa alla seconda edizione di Umbria Jazz. Tra il pubblico che lo ascolta suonare al bar St. Andrews di Perugia c’è anche il grande sassofonista americano Sonny Stitt, che al termine della sua esibizione si complimenta lungamente con lui. In questo periodo cominciano a manifestarsi i primi sintomi di quel disagio esistenziale che lo avrebbe lentamente condotto all’autodistruzione. In novembre non si presenta al festiva del jazz di Bologna, dov’è atteso con il suo trio. Diventa inaffidabile e irascibile. Se n’era già accorto anche Rava, che poco tempo prima lo aveva invitato a suonare con lui negli Stati Uniti. Un giorno, Massimo che era ospite in casa sua, aveva danneggiato involontariamente un prezioso registratore che era stato prestato a Rava da un amico e subito dopo era sparito. “Quando si rifece vivo”, avrebbe in seguito raccontato il trombettista, sembrava un barbone, gli abiti a pezzi, una tosse tremenda, la febbre alta, dolori dappertutto. Aveva dormito due notti al gelo su una panchina al Central Park. Questo era Massimo Urbani a diciassette anni, e non sarebbe mai cambiato.” Rava avrebbe tuttavia ricordato con orgoglio gli esiti musicali di quel viaggio newyorkese di Urbani, che aveva folgorato con il suo talento i migliori sassofonisti dell’epoca, da David Schnitter a Bob Mover.

…poche righe, prese si internet per ricordare la figura di Massimo Urbani, sassofonista Jazz e spirito punk. Esce in questi giorni una versione aggiornata del libro su Urbani, dal titolo L’avanguardia è nei sentimenti. Non mi piace la parola avanguardia, la sostituisco spesso con audacia, ma di sentimento, nel Jazz di Urbani, c’è ne moltissimo.
Se volete spendere dei soldi per Natale, regalatevi il libro. Anche se nella prima versione, se ben ricordo, c’era allegato anche un CD. Dovrò controllare tra i miei libri.
Molto bello anche il numero di Jazzit#78 [qui]con una lunga retrospettiva su Urbani, ricca di materiale iconografico…bella, però cercate di ascoltare la versione di Body and Soul, accompagnata con Mike Melillo al piano e registrata nel 1987.
Daje Massimo, nu’molla!

giovedì 11 dicembre 2014

Klaxon e Gli Ultimi vs Mancester City: 5 - 0!

Klaxon e Gli Ultimi… abbiamo di fronte due dei più rappresentativi gruppi della scena romana, uno è leggenda mentre l’altro lo sta diventando suon di live da paura. Hanno deciso di mettersi insieme in studio per dar vita non ad uno split, ma un unico album di 12 pezzi scritto dalle due band, già perché anche se il marchio di fabbrica di ciascuno è ben definito i pezzi si incastrano perfettamente uno con l’altro e il risultato non può che essere il classico disco da urla e sudore, con una massa informe sotto al palco a perdere la voce cantando queste 12 perle.
Aprono i Klaxon mettendo subito in chiaro quale sarà l’andamento, Spirito Punk-Rock con quel ritornello da panico, poi tocca agli Ultimi con il loro punk stradaiolo inconfondibile, storie cantate e suonate e alle quali siamo tutti piacevolmente abituati. L’ordine dei pezzi è casuale, non esiste il lato A dei Klaxon e il lato B degli Ultimi (si, è uscito in LP, ma c’è allegato anche il CD) come ho già scritto questo disco è stato fatto assieme, anche con partecipazioni reciproche in alcune canzoni, cori per i Klaxon con appunto Gli Ultimi, Lorenzo Morelli e Sergio (FUN).
Registrato, mixato e masterizzato all’Hombre Lobo Studio da Valerio Fisik, prodotto e distribuito dalla Hellnation [ Via Nomentana 113], grafica (pazzesca) di Zerocalcare e l’Ultimo, questo disco è l’ennesimo capolavoro da avere assolutamente, da consumare e da imparare…soprattutto dopo lo schiaffo in Champions di ieri sera!

mercoledì 10 dicembre 2014

Oreste, il bello. Storia di Roma


Solo poche righe per annunciare un piccolo pamphlet di vita personale. Una sorta di auto produzione un po’ ante litteram, che sfugge dal circuito ribellistico che seguo [con passione], per scavare nei ricordi personali di un figlio che ritrova suo padre, ragazzo del’99 della grande guerra e proto- bohemien, in una Roma che solo anni dopo, con Pasolini, Moravia, ma anche Tomas Milian e Sordi, definiremo casareccia.
Ricercando nel vasto archivio fotografico, Domenico Pettini [ che già negli anni cinquanta aveva una Kodak e filmava la sua famiglia con una Canon], ha riscoperto una serie di vecchie fotografie su Oreste “il bello”, che fanno da cornice a una storia tutta romana.
Ho scritto, con piacere ed entusiasmo, alcune poche righe di introduzione.
Appena sarà disponibile il libro ne avrete una breve recensione e una “intervista” con l’autore.
A presto…keep on, keepin’on!

Ortodossia...un cazzo!

...mha! Ho i miei dubbi. La Universal, AKA Virgin ha [da poco] ristampato il 45 Ortodossia, edito dalla Attack punk di Bologna nel lontano 1984, in un formato de-luxe! E' inutile aggiungere che io posseggo l'originale e che io lo comprai proprio a Bologna. Come sono lontani quei tempi e lo spirito del settantasette e del Fuck the system! Non mi oppongo all'idea della ristampa del singolo, già comunque disponibilesu diversi CD a prezzi vantaggiosi. Se cercate su ebay l'originale ha raggiunto prezzi vergognosi, ma una versione de-luxe, beh...lasciatemelo dire, mi irrita! L'uscita poi [ del box ] nei giorni del [santo] natale e nei giorni della ricerca-del-regalo a tutti i costi aggiunge un punto di rabbia in più, che non guasta.
In un vecchio numero di Snowdonia, bellissima fanzine dei fratelli Pustianaz di Torino, i CCCP si lasciano andare in una lunga intervista ( su carta, comunque interamente disponibile qui ) e c'è un passaggio che la dice lunga su quante cose sono cambiate nel mondo "punk"...ecco il passaggio: alla domanda "Quanti concerti avete fatto?", la risposta non lascia dubbi: Tanti, però neanche tantissimi, perché non vogliamo fare come quelli che in 30 giorni fanno 28 concerti. Io no, allora vado a lavorare in fabbrica.
Ecco il punto, Lo spirito della fabbrica è all'oppposto della ristampa De-Luxe di Ortodossia. E' il non prendere una posizione davanti a quest'operazione non di commercializzazione del prodotto [ chi se ne frega!], ma della banalizzazione dell'ortodossia alla base dell'allora spirito punk dei CCC-Fedeli alla Linea, che non dovrebbe lasciar inerte nessun vecchio punk.
Almeno incazzat***! Io lo sono...e mi sono rimesso sul piatto il primo 45 giri dei Crash Box di Milano!
...echecazzo!
PS l'iimagine del testo è relativa alla mia versione del sigolo, con le grappette ai lati e una stampa in ciano davvero cupa.

lunedì 8 dicembre 2014

Un paese culturalmente vivo, schiavo dei numeri e non libero nelle lettere.

Nuova edizione di All Frontiers, eccellente festival che si svolge ogni anno a Gradisca, in provincia di Gorizia. Tre i nomi di spicco: Peter Brötzmann, Steve Noble e Mika Vainio. Il sassofonista, sempre in tour anche a 73 anni, è una figura d’importanza capitale per la musica degli ultimi decenni e torna a Gradisca insieme a Steve Noble, batterista sempre del giro dell’improvisazione, che i eruditi [ di musica audace, come la definisco io al posto del retrò avanguardia] conosceranno anche per le collaborazioni con gli Æthenor (Daniel O’Sullivan, Stephen O’Malley e Vincent de Roguin) e con il solo O’Malley. Su Mika Vainio, in questi anni, tanti hanno scritto (e anche parlato) che vi diamo un altro link e basta. Sabato, a inizio serata, c’è la presentazione del libroOltre le periferie dell’impero”, che ruota intorno alla figura di Fausto Romitelli, compositore nato proprio a Gorizia e scomparso a quarantun anni nel 2004, oggi finalmente messo nella giusta evidenza (quest’anno, su di lui, è uscito anche “Have your trip”, a cura di Vincenzo Santarcangelo). Insomma cercate anche voi in rete All frontiers+gorizia, troverete l’intero programma.
Insieme al Festival di Bologna, Angelica, quest’evento, orami “storico” di Gorizia è l’ennesima testimonianza di un paese vivo e audace, ma che solo una società [ fuck the system!] gestita da politici vecchi, giornalisti beceri e uomini di cultura sonnolenti, vogliono farci credere “in crisi” solo davanti ai crudi numeri del PIL/ISTAT/SPREAD...e vaffancul*!!
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